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Spettacoli
Irene Fornaciari: "Il mondo piange. Amazzonia tema che mi sta molto a cuore"
Irene Fornaciari (foto di Marco Piraccini)

Irene Fornaciari : “Il mondo piange”

Irene Fornaciari, nasce in Versilia, la vigilia di Natale. Una bambina molto timida, che canta per gioco e sogna di fare la veterinaria. Cresce in campagna, amando tutto quel la circonda. Gli animali e la natura sono i suoi compagni. Una famiglia, la sua, dove il rispetto e il senso di responsabilità per il bene comune è forte. Irene cresce con la consapevolezza di far parte dell’universo, con la certezza che il mondo sia la sua casa e come tale, una dimora di cui prendersi cura. La sua voce e il suo talento naturale le indicano la strada. Oggi Irene è una bella donna, un’artista affermata e consapevole di avere un posto nel mondo, un compito, al quale non rinuncia nonostante il suo lavoro. E si racconta in questa intervista ad Affaritaliani.it.

“Ma il mondo piange vorrei sapere perché

il mondo piange vorrei capire perché

il mondo piange”

“Il mondo piange”, che hai portato a Sanremo nel 2010 con i Nomadi è una canzone bellissima, intensa. Ci racconti com’è nata?

Ricevetti un provino da Damiano Dattoli, compositore di molti pezzi per i Nomadi.  La musica mi prese subito e provai a cantarla, col solito metodo Fornaciari: la melodia canticchiata con un abbozzo di testo in “inglese maccheronico” – lingua ad esclusivo utilizzo della famiglia - e poi tradotta in italiano. Ho capito subito che quella canzone, semplice e immediata mi arrivava dentro, nel cuore;  il testo è scaturito come un fiume in piena. Il ritornello,  “Why the world is crying?” è rimasto tale e quale “Perché il mondo piange?” Una domanda aperta alla quale non ho preteso dare risposte ma vorrei catturasse l’attenzione di tutti, per cercarle.

irene fornaciari 01 foto di marco piracciniIrene Fornaciari (foto di Marco Piraccini)
 

La definisci una canzone manifesto, ma per usare un gioco di parole, “manifesta” anche quale sia il tuo modo di guardare al mondo?

Assolutamente, fa parte di me, del mio modo di essere. Sono cresciuta nella convinzione che il mondo sia la mia casa. L’Amazzonia, tema che mi sta molto a cuore, sembra così lontana ma in realtà è anche affar mio. Non posso non sentirmi responsabile di quanto stia succedendo. La mia famiglia ha sempre avuto talmente radicato l’amore, il rispetto della natura per il bene comune che per me è scontato sentirmene parte.

Qual è il messaggio che vorresti affidare, oggi, a questa tua canzone?

“Nell’aria c’è qualcosa che, come non so,

rende d’oro l’anima e cadono coriandoli”

Nonostante tutto c’è speranza: nell’aria c’è qualcosa d’oro. L’oro è la convinzione che possiamo lenire questo dolore del mondo, partendo da noi. Troppo spesso siamo inclini a pensare di essere troppo “piccoli” di fronte alle grandi piaghe e ai disastri naturali. Di non potere nulla, contro i grandi della Terra; ma non è così. Non dobbiamo rinunciare; il cambiamento parte da piccoli gesti, anche dal mio. Insieme, possiamo creare una meravigliosa “catena” dove le piccole azioni di ognuno possono contribuire a lasciare il mondo un po’ meglio di come lo abbiamo trovato.

Irene, qual è il tuo personale appello?

Tutti noi, da bambini, abbiamo disegnato un albero. Un albero che, ci è stato spiegato, essere fondamentale per le piogge e l’ossigeno. Non mi interessa citare cifre o percentuali, le lascio a chi ne ha la competenza. Non cambia il fatto che interessi noi e l’ambiente in cui viviamo, anche se sembra lontano. Educhiamo i bambini a sentirsi protagonisti del cambiamento, insegniamo loro che il  mondo è la loro casa e che non esistono confini per la responsabilità. Facciamoli giocare, sollevando lo sguardo per guardare oltre la “siepe” del proprio giardino. Al di là c’è tanto da scoprire e spazi immensi che ci appartengono.

In che modo concili il tuo lavoro con tutto questo?

 Amare la natura è amare se stessi: questo l’insegnamento col quale sono cresciuta. Vivere “sentendosi parte” ci rende consapevoli di quale sia il nostro compito. Sono diventata, purtroppo fumatrice in età adulta; da allora ho sempre con me una piccola bustina dove raccolgo le cicche per evitare di gettarle a terra. Nonostante spesso sia fuori casa, non rinuncio mai a differenziare i miei rifiuti cercando di farlo al meglio. Piccoli ma significativi gesti di civiltà.

Irene, hai mai pensato di scegliere un nome d’arte?

Per il nome d’arte, non ho il “fisic du role”- ride divertita-.  All’inizio uscii col primo disco solo come Irene. In seguito ho capito che Irene Fornaciari era quello che sono e volevo essere. Sono fiera di essere una Fornaciari; per il mio babbo ho moltissima stima e ammirazione. Ho cercato la mia strada ma non voglio in nessun modo nascondere di esserne orgogliosamente figlia. Anche papà, in realtà non ha scelto un nome d’arte: Zucchero è il suo nomignolo da sempre,  nato tra i banchi di scuola, quando era ancora bambino!

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