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Sanremo 2020, scandalo per i 300mila euro di Benigni? Il problema è cosa vuol essere la Rai

Sanremo 2020, scandalo per i 300mila euro di Benigni? Il problema è cosa vuol essere la Rai

È difficile parlare di TV quando non la si guarda. Personalmente un libro, il cinema o Netflix, soppiantano di gran lunga l’utilizzo dell’emittente televisiva. Ma non bisogna fare gli snob, e soprattutto non bisogna guardare alle proprie preferenze catodiche o meno, quando si fa un’analisi.

Ogni anno Sanremo porta con sé polemiche. È giusto pagare determinate cifre agli ospiti? È una vergogna? Comunisti pagati per fare la loro propaganda? Cantanti che inneggiano alla violenza? Perché tutto ciò coi soldi dei cittadini? Già, bella domanda. Il punto, la polemica, è insita in questa natura ibrida e maledetta di mamma RAI. Pubblica con canone – che è una vera e propria tassa coercitiva a danno dei cittadini, e privata nelle sue logiche per stare sul mercato.

Mediaset, Sky, LA7, ecc., non si pongono problemi di budget. O meglio, i loro problemi sono afferenti al CDA, agli azionisti, ma non al pubblico o alla politica che divide et impera. Il Codacons pare già sul piede di guerra: “Pronto a rivolgersi alla Corte dei Conti contro qualsiasi sperpero di denaro pubblico.”

Ciò che sta destando scandalo è il compenso richiesto da Roberto Benigni, 300mila euro di cachet per un monologo in diretta durante una puntata del Festival della Musica italiana. Così come Georgina Rodriguez che si porta il fidanzato (Cristiano Ronaldo) tra il pubblico (140mila euro), ed altre amenità.

Non mi si venga a dire che sia uno spettacolo indegno, perché alla fine lo share è mosso proprio da questi personaggi, da questi volti, che abbiano da dire poco, od il nulla cosmico, tengono insondabilmente gli italiani incollati al divano per la loro apparizione. Allora se si vuole una scuderia “di mercato”, va pagata quanto il mercato richiede. Non c’è niente da fare.

Nel periodo d’oro di Ruby Rubacuori (epoca del turgido Berlusconi), la si pagava 7mila euro per una partecipazione in discoteca. È del tutto irrazionale, assurdo, obietterete voi. Un pugno in faccia alla crisi, alla busta paga dell’italiano medio, alla disoccupazione. Eppure un locale sa che con queste presenze fa il pienone, i selfie strabordano, e chi partecipa alla serata è contento così. Forse dunque non c’è niente di anomalo, se non in noi.

Benigni è un catalizzatore straordinario di emozioni ed una persona dalla cultura profonda. Sa far vibrare le corde dell’Anima, ed è un attore straordinario. Meno apprezzabile per i sermoni politici a pagamento, forse si dovrebbe contrattualizzare sui contenuti. Non abbiamo bisogno di una fucilata di parole contro Salvini, e ci ricordiamo quanto fu contestato Crozza qualche edizione addietro: “Fuori la politica dal Festival!”.

La RAI avrebbe potuto scegliere negli anni di giocare il suo ruolo alla pari con le altre emittenti, rinunciando a drenare soldi dalle tasche dei cittadini, pagando per i propri programmi quanto cappero le pare. Ed invece ha scelto il sistema misto. Il che è perfetto, per scontentare tutti.

Ci sarebbe stata anche un’altra opzione; quella della maglia della Nazionale, come nel calcio. Quindi rinunciare totalmente alla pubblicità, occuparsi di approfondimenti, cultura, alfabetizzazione, rischiare, e chiedere una lodevole partecipazione agli artisti per senso di comunità, per appartenenza al Paese Italia.

Invece la RAI, direbbe Leo Longanesi: “Ai funerali vuol essere il morto, ai matrimoni la sposa.” Così possiamo già aspettarci la polemica del prossimo anno, senza il dubbio di sbagliare previsione.

FB @andrealorusso1991

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