Esteri
Superiorità bellica, armi nucleari e stop al "wokismo": a Quantico è partita la rivoluzione culturale conservatrice degli Usa di Trump
L'America trumpiana sembra voler anteporre alla potenza nucleare una rivoluzione conservatrice sul piano culturale, che ricada a cascata su tutti gli ambiti degli States

Pete Hegseth
Il ritorno della guerra culturale americana. Il commento
Constantin von Hoffmeister ha studiato Letteratura inglese e Scienze politiche a New Orleans. Ha lavorato come autore, giornalista, traduttore, redattore e formatore aziendale negli Stati Uniti, in India, in Uzbekistan e in Russia. Su Multipolar Press ha scritto che l'Europa non può diventare un nucleo indipendente nel mondo multipolare perché le manca l'essenza della sovranità post-moderna, ovvero le armi nucleari. Solo chi le detiene gode di una vera autonomia d'azione. La Francia, da sola, possiede un arsenale limitato, per questo Parigi allinea le sue strategie a Washington. L'UE nel suo complesso rimane una struttura vassalla al potere americano, sia militarmente che economicamente. La distruzione del Nord Stream 2 ha palesato questa sottomissione: un'arteria vitale per la sicurezza energetica europea è stata cancellata e, invece di difendere la propria linfa vitale, l'Europa ha distolto lo sguardo, dando la colpa a fantomatici sabotatori russi, in realtà un signore di nazionalità ucraina.
"La UE - scrive il dott. von Hoffmeister - si indebolisce fortemente aprendo le porte a ondate di immigrazione di massa, alterando la sua composizione etnica perché decostruisce le sue nazioni storiche e corrode la stessa identità che un tempo dava coerenza al continente. Il rifiuto del petrolio e del gas russi, sotto la pressione americana, ha sventrato la base industriale europea e fatto aumentare i costi per i cittadini comuni, accelerando la deindustrializzazione". Le sanzioni si sono rivelate un boomerang, a spese dei contribuenti europei, che vedono aumentare sensibilmente i costi dei beni di prima necessità.
Un vero polo richiede libertà, potere e fiducia in se stessi. L'Europa, forse per la prima volta dal dopoguerra, si trova intrappolata nella gabbia atlantista, dipendendo in tutto e per tutto dagli Stati Uniti. Pertanto, nell'ordine multipolare emergente, non sarà una forza indipendente, ma un'appendice subordinata degli USA, che, nel contesto dei conflitti globali, Trump non fa fatica a considerare già "sua proprietà", nonostante le commedie di certi politici.
Lo stato di decadenza morale e sociale del Vecchio Continente si vede anche nell'arte, nella letteratura, nel cinema, a teatro. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato in Europa, che per secoli, almeno sulla genialità dei suoi artisti ed intellettuali, è stata un'eccellenza culturale riconosciuta da tutti. Chōkōdō Shujin, scrittore e traduttore di Ryūnosuke Akutagawa, Yukio Mishima, Takeo Arishima e altri, osserva, sempre su Multipolar Press, la natura volgare delle opere artistiche moderne e il modo in cui questa si collega alla loro apparente popolarità, quale conseguenza fondamentale della sovranità perduta, che ha creato un destino decadente e dipendente da terzi.
Il Sosia di Dostoevskij è un esempio eccezionalmente raffinato di tale arte. Non tutti possono apprezzare un'opera del genere. Tuttavia, un certo livello di gusto è qualcosa che può essere coltivato nella maggior parte delle persone, con un certo grado di intelligenza. Per quanto sofisticata sia la qualità artistica, la sua universalità è sufficiente a conquistare sostenitori, ma i modelli di riferimento che abbiano un livello all'altezza del passato, sono morti e non sostituiti da altri.
Sempre nell'America contemporanea, dalla quale dipendiamo, sta nascendo qualcosa di profondamente diverso dal suo passato Dem, su impulso delle politiche del Presidente Donald Trump, quanto alla moda woke, prima incentivata come progresso sociale, ed ora repressa come fenomeno decadente ed immorale. Quasi a voler tornare alla classicità ed ai principi tradizionali, così che la superiorità bellica divenga un potere parallelo alla riforma in senso conservatore, cristiano, patriottico, attento a preservare il diritto naturale da qualsiasi tentativo sovversivo del suo ordine.
La base del corpo dei Marines di Quantico, in Virginia, martedì 30 settembre, si è riempita di centinaia e centinaia di alti dirigenti delle Forze armate statunitensi, Capi di Stato maggiore, generali, ammiragli, comandanti e ufficiali, provenienti da posti di comando in tutto il mondo, convocati dal segretario della Guerra Pete Hegseth. E' stata una chiamata senza precedenti, che aveva allertato gli osservatori internazionali, facendo pensare anche a eventuali piani militari da comunicare agli alti funzionari.
Hegseth, nel salutare i suoi sottoposti, ha detto: «Questo discorso, oggi, riguarda le persone e la cultura (…) perché nessun piano, nessuna riforma avrà successo se non abbiamo le giuste persone e la giusta cultura al dipartimento della Guerra». L’intero evento è stato in effetti centrato sul nuovo look, fisico e valoriale, che dovranno avere il Pentagono e i suoi dipendenti, ora che «il tempo del dipartimento della Difesa è finito» e si è entrati nella nuova era del dipartimento della Guerra.
L'America trumpiana sembra voler anteporre alla potenza nucleare una rivoluzione conservatrice sul piano culturale, che ricada a cascata su tutti gli ambiti degli States e, successivamente, soffi forte in tutti i Paesi alleati o, ancor di più, dipendenti. Per sollevare dalla decadenza, gli USA vogliono un’epoca in cui non ci
sarà più spazio per il "wokismo", per i «generali grassi» e non in forma o per le "quote di genere", dell’etnia e dell’orientamento sessuale. Il nuovo corso restaurerà l’ethos del guerriero, il merito e il “common sense” perso anche tra i ranghi dell’esercito, per colpa di chi vi è stato alla guida fino all’avvento della golden age trumpiana.
In proposito, il segretario ha rivendicato i licenziamenti e le “purghe di massa” tra i funzionari della Difesa, sostenendo che «è quasi impossibile cambiare una cultura con le stesse persone che hanno contribuito a crearla o addirittura ne hanno beneficiato». La conferenza, dunque, si è trasformata in un manifesto politico, quasi una riedizione del discorso inaugurale di Trump al Campidoglio, ma in salsa militare e ristretta al solo pubblico del Pentagono. Non a caso, come fa notare "Politico", regnava «un’atmosfera da produzione hollywoodiana».
Trump durante la conferenza in Virginia, avvertendo i militari che la guerra a cui devono essere pronti è quella «dall’interno», provocata dalla cattiva gestione delle città governate dai democratici. Per il presidente, Chicago, San Francisco e New York potrebbero infatti essere usate come «campi d’addestramento per la Guardia nazionale». Non si tratta solo di contrasto all’immigrazione: a seguito dell’omicidio di Charlie Kirk, negli ultimi giorni, Trump ha ordinato il dispiegamento di alcune forze anche a Portland, in Oregon, per far fronte ai «terroristi domestici», come gli Antifa. È evidente, dunque, che la conduzione di questo “nuovo” dipartimento della Guerra è prima di tutto di natura politica e culturale, non
strategica. Il nemico prioritario è quello che sta “dentro”: sconfitto questo, ci si può poi dedicare a quello che sta “fuori”. Non è un caso che in tutto il suo discorso, Hegseth abbia pronunciato la parola
“Cina” solo una volta - Russia, Iran, Venezuela, Corea del Nord neanche menzionati.
Secondo Politico, questa crescente attenzione rivolta verso la homeland emergerebbe anche dalle prime versioni del report annuale della “National Defense Strategy” (non ancora uscita), in cui le missioni nazionali e regionali verrebbero messe al di sopra del contenimento di Russia e Cina. Per Mosca e Pechino lo scenografico evento alla base di Quantico non avrà destato preoccupazioni: per ora a Washington la politica interna sovrasta la strategia, e questo ai principali nemici degli States va certamente bene.