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Esteri
Nagorno, riesplode il confitto. L'Armenia chiama Putin, allarme gas da Baku

Scontri tra Armenia e Azerbaigian, Yerevan chiede aiuto alla Russia. Putin rischia secondo fronte

I venti di guerra soffiano forte e anche al di fuori dell'Ucraina, dove si combatte da oltre sei mesi. In particolare, si riaccendono le tensioni al confine fra Armenia e Azerbaigian, i due Paesi alle prese con l'annosa disputa per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh, su cui hanno già combattuto due sanguinose guerre. I due governi si accusano a vicenda di aver dato il via ai nuovi scontri armati, che avrebbero provocato un numero imprecisato di morti e feriti su entrambi i fronti.

L'Armenia ha dichiarato che almeno 49 dei suoi soldati sono stati uccisi negli scontri lungo il confine con l'Azerbaigian, dopo una brusca escalation delle ostilità. Ora si alimenta il rischio che possa scoppiare una seconda vera e propria guerra nella galassia post-sovietica, con conseguenze imprevedibili anche per la Russia di Putin, che potrebbe essere distratta da un secondo pericolosissimo fronte.

L'Armenia ha dichiarato che diverse città vicine al confine con l'Azerbaigian, tra cui Jermuk, Goris e Kapan, sono state bombardate nelle prime ore di martedì e che ha risposto a quella che ha definito una "provocazione su larga scala" da parte dell'Azerbaigian.  L'Azerbaigian, che ha accusato l'Armenia di svolgere attività di intelligence lungo il confine e di spostare armi, ha dichiarato che le sue postazioni militari sono state attaccate dall'Armenia. I media azeri hanno riferito che l'accordo per il cessate il fuoco è stato violato quasi subito dopo essere stato applicato nelle prime ore di martedì.

Gli impegni di Mosca con l'Armenia e il ruolo della Turchia

Sia la Russia che gli Stati Uniti hanno invitato Baku e Yerevan a rispettare la moderazione, ma Mosca rischia di essere coinvolta in prima persona. In virtù del Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza tra Armenia e Russia, il Consiglio di sicurezza armeno ha già chiesto aiuto a Mosca, alle prese già con la battuta di arresto delle sue operazioni militari nel Nord-Est dell'Ucraina.

La Russia, che gestisce una base militare in Armenia, ha inviato migliaia di forze di pace nella regione nel 2020 come parte di un accordo per porre fine a sei settimane di ostilità durante le quali l'Azerbaigian ha ottenuto significativi guadagni territoriali nel Nagorno-Karabakh e dintorni. Mosca è un importante mediatore di potere nella regione e un alleato di Erevan attraverso l'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) guidata da Mosca, che si è riunita per discutere la situazione.

Attenzione alle mosse dietro le quinte della Turchia, che sostiene invece l'Azerbaigian. Non sono in pochi coloro che notano che il caos nella regione potrebbe indebolire ulteriormente la Russia e favorire l'ascesa di Ankara. I separatisti armeni del Nagorno-Karabakh si sono staccati dall'Azerbaigian quando l'Unione Sovietica è crollata nel 1991. Il conflitto che ne è seguito ha causato circa 30 mila vittime. Le sei settimane di combattimenti nell'autunno 2020, invece, hanno fatto oltre 6.500 morti e si sono concluse con un cessate il fuoco mediato dalla Russia. In base all'accordo, l'Armenia ha ceduto parti di territorio che controllava da decenni e Mosca ha schierato circa 2 mila peacekeeper per monitorare la fragile tregua.

I timori per Europa e Italia sulle forniture di gas dall'Azerbaigian

Osserva la situazione con comprensibile timore anche l'Europa, Italia in primis. Sì, perché dopo la rottura con Mosca, l'Unione europea si è rivolta nei mesi scorsi all'Azerbaigian per raddoppiare la fornitura entro il 2027, per arrivare entro quella data a ricevere 20 miliardi di metri cubi. Il memorandum d'intesa è stato firmato a luglio dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il presidente azero, Ilham Aliyev, nella residenza presidenziale di Zagulba.

L'accordo prevede una tappa intermedia: passare entro l'anno dagli attuali 8,1 miliardi di metri cubi a 12 miliardi. E si riuscirà grazie al Tap, la Trans-Adriatic Pipeline, che rappresenta l'ultima sezione del Corridoio merdionale del gas, e arriva in Puglia. Il possibile coinvolgimento di Baku in una guerra regionale potrebbe però avere un impatto anche sulle forniture energetiche. Proprio quello di cui nessuno ha bisogno in questo momento.

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