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Esteri
Taiwan fuori dalla lista Ue per i voli. Ma ha solo 7 morti da coronavirus

Avere sette morti e 449 contagi totali dall'inizio della pandemia da coronavirus e non essere comunque inclusi nella lista delle riaperture delle frontiere esterne a Schengen. E' il caso di Taiwan, da dove ancora non si può viaggiare (almeno direttamente) verso l'Unione europea. L'Italia fa storia a sé, visto che impone la quarantena di 14 giorni anche a chi arriva dai 14 paesi a cui è stato dato il disco verde in sede comunitaria. Ma il caso di Taipei è esemplificativo per capire come alla base delle scelte, evidentemente, non si siano presi in considerazione solamente criteri epidemiologici.

A Taiwan, infatti ci sono stati solo tre casi di Covid-19 confermati negli ultimi 15 giorni, tutti importati. Ed è da due mesi che non si registrano casi di trasmissione locale. Sui 449 casi totali, 358 sono stati importati, con un tasso medio di notifica dei casi a 14 giorni di 0,2 ogni 100 mila abitanti mentre in Europa e in Regno Unito al 27 giugno si viaggiava su un tasso medio di 14 contagi ogni 100 mila abitanti.

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Il tasso di notifica di contagi (in rosso) e di morti (in azzurro) di Taiwan

 

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Il tasso di notifica di contagi (in rosso) e di morti (in azzurro) di Europa e Regno Unito

In realtà, sembra che la delineazione della lista (terminata lo scorso 30 giugno e rivedibile il prossimo 14 luglio) sia stata protagonista di una sorta di catena viziosa, giocata sostanzialmente su un triangolo. Vertice alto: gli Stati Uniti. Non includere i voli dagli Usa in quelli considerati sicuri sembra davvero d'obbligo, nonostante le ricadute economiche sul settore turistico, visto che da quelle parti si viaggia intorno ai 50 mila nuovi contagi al giorno, dopo tante sottovalutazioni da parte dell'amministrazione di Donald Trump.

Ma è inevitabile che non includere gli Usa per l'Europa potesse causare (e ha causato, vista l'ira della Casa Bianca) conseguenze. Ed ecco allora per non esagerare con l'infastidire il tradizionale partner si è deciso di tenere di fatto chiusi i voli anche con la Cina. Già, perché pretendere in cambio reciprocità (e per di più fuori tempo massimo) con Pechino, che ha agito con misure severissime di lockdown e quarantene anche all'insorgere di poche nuove decine di casi nella capitale, significa di fatto decidere di non aprire. Un'apertura fittizia, insomma.

E qui si ripropone lo stesso schema. Dopo aver infastidito (ma non troppo) gli Stati Uniti, ecco che si deve infastidire (ma non troppo) anche la Cina. Sembrerebbe essere nata così l'esclusione anche di Taiwan che, come detto, ha avuto una situazione epidemiologica più che positiva durante tutta la crisi. Ci possono essere due obiezioni: una di natura geopolitica e una di natura diplomatica. La prima: il principio dell'unica Cina. Peccato che però, comunque si interpreti quel tema, ci sono paesi che hanno aperto a Taiwan e chiuso alla Cina (prima il Vietnam, ora il Regno Unito), dimostrando che non si tratta di un vero ostacolo pratico. La seconda: la richiesta di reciprocità. In effetti, nemmeno Taiwan apre le proprie frontiere agli europei. Il discorso reggerebbe se si fosse chiesta la reciprocità a tutti i paesi inclusi nella lista Ue, cosa che non è avvenuta. Il Giappone è infatti stato incluso nonostante non consenta l'ingresso ai viaggiatori europei.

Il rappresentante di Taipei in Italia, Andrea Sing-Ying Lee, ha inviato una lettera a deputati e senatori italiani per sensibilizzarli sull'argomento. Nella nota si legge che Taiwan "ha attentamente monitorato lo sviluppo della situazione dell'epidemia di Covid-19, condividendo in maniera trasparente le informazioni con l'Organizzazione Mondiale della Sanità, con l'Unione Europea e con l'Italia, donando inoltre mascherine, ventilatori polmonari e materiale sanitario all'Unione Europea e all'Italia, allo scopo di combattere e controllare la pandemia globale come dovuto". Con la richiesta poi di "persuadere il governo italiano ad appoggiare la richiesta di inserire Taiwan in una seconda lista di paesi che possano godere della revoca delle restrizioni durante il prossimo meeting di revisione al Consiglio dell'Unione Europea".

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