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Etiopia, nel Tigray arriva il cessate il fuoco per motivi umanitari

Etiopia, nel Tigray arriva il cessate il fuoco per motivi umanitari

Nella regione del Tigray, a nord dell’Etiopia, la guerriglia del Tplf ha seminato da novembre ad oggi morte e distruzione. La logica dei miliziani, contro il governo di Addis Abeba, è stata fare terra bruciata, portando via tutto, dando fuoco alle ambulanze, saccheggiando gli ospedali, impaurendo la popolazione. 

Soprattutto isolando il Tigray dal resto del Paese che il 21 di questo mese è andato alle urne. Gli elettori sono stati chiamati per scegliere i membri del Parlamento, mentre il leader del partito vincitore diventerà Primo Ministro. Importante banco di prova per il Prosperity Party del premier Abiy Ahmed, al governo dal 2018 e per la prima volta alle elezioni. Non ci sono ancora i risultati, tuttavia l’affluenza è stata alta, dato significativo perché l’opposizione invitava all’astensione. 

E proprio sulle elezioni il Tplf  inizia lo scontro con Addis Abeba. Programmate per agosto 2020, sono state rinviate per la pandemia. Il Tplf però ignora la decisione del governo centrale, indicendo a settembre elezioni autonome. Poco dopo lo scontro diventerà armato. Il 4 novembre, infatti, i miliziani attaccano il Comando Nord, la riserva più importante di armamenti del Paese. Il Tplf, Tigray People’s Liberation Front, è il partito nato durante la lotta contro Menghistu Hailè Mariam. Nel 1991 l’allora leader Meles Zenawi instaura nel paese il federalismo etnico, mettendosi, con il suo partito, a capo della coalizione di governo e controllandolo grazie al sette per cento di rappresentanza tigrina. 

Nella guerra contro Addis Abeba il Tplf mette in campo 250 mila combattenti tra milizie, forze speciali e polizia. Prima di assaltare la Caserma Nord la sua tattica è distruggere infrastrutture e telecomunicazioni. È importante ricordare che la distruzione delle linee telefoniche, di internet, delle principali arterie verso la capitale e dell’aeroporto di Mekellè avviene prima e non dopo l’attacco. E che a farlo sono i miliziani del Tplf che circondano la regione. 

Nelle ore di quella tragica notte moriranno moltissimi soldati dell’esercito federale. Altri invece riusciranno a scappare, attraversando il confine per trovare aiuto e rifugio in Eritrea, che nei giorni successivi subisce una serie di lanci di missili partiti dalle zone del Tigray controllate dal Tplf. Lo scopo sarebbe trascinare l’Eritrea nel conflitto, ma Asmara non reagisce.  

Del resto è proprio il territorio confinante sull’altopiano, quello tra Eritrea ed Etiopia, che aveva scatenato la guerra dal 1998-2000, seguita fino al 2018 dallo stato di né guerra né pace. Una condizione d’instabilità voluta dal governo etiopico che non rispetta l’accordo di Algeri che aveva definito eritrei parte dei territori contesi. È la firma ad Asmara tra il premier Abiy Ahmed e il presidente Isaias Afwerki, nel 2018, a mettere fine, quasi vent’anni dopo, alla condizione di guerra fredda tra Eritrea ed Etiopia. Una scelta politica importantissima, che vale ad Abiy, nel 2019, il premio Nobel per la Pace. 

Etiopia, regione del Tigray, capoluogo Mekele
 

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