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Esteri
G20 Roma senza Xi-Putin e con divisioni interne: multilateralismo in ritirata

Due terzi del commercio e della popolazione mondiale, oltre l'80% del pil globale. Le cifre fotografano ancora quanto sia rilevante il G20. Ma dietro i numeri c'è la realtà. Una realtà nella quale le piattaforme multilaterali sembrano entrate nella fase discendente. Basti pensare che all'evento di Roma, in calendario per sabato e domenica 30 e 31 ottobre, non ci saranno due leader tra i paesi più popolosi e più rilevanti al mondo. Stiamo parlando ovviamente di Cina e Russia, con Xi Jinping e Vladiir Putin che per motivi diversi hanno scelto di non presentarsi in Italia, così come avevano già fatto in occasione del G20 straordinario sull'Afghanistan di qualche settimana fa. Parleranno in videoconferenza, certo, ma la diplomazia la si fa faccia a faccia, anche in tempi di post Covid.

Non è in realtà un problema solo di Cina e Russia, ma ben più generale. Gli eventi degli ultimi mesi, dal ritiro degli Stati Uniti dall'Afghanistan all'annuncio del patto di difesa Aukus, hanno dimostrato che l'architettura globale attuale è tutt'altro che integrata e comunicativa tra tutte le sue componenti. Nemmeno tra quelli che dovrebbero essere i supposti partner o alleati. Basti pensare alla clamorosa polemica diplomatica tra Francia, Usa, Regno Unito e Australia per l'accordo sul Pacifico che di fatto ha portato alla rottura unilaterale di un accordo per la fornitura di sottomarini francesi a Canberra, sostituiti nottetempo da quelli a propulsione nucleare che può garantire Washington con il suo sostegno produttivo e tecnologico.

Non a caso Joe Biden ed Emmanuel Macron si incontreranno in un bilaterale a margine del G20 per discutere della questione e riportare le relazioni su un binario regolare. Ma le perplessità incrociate si sprecano, tra Washington che vorrebbe i paesi europei più apertamente schierati al suo fianco nella contesa con la Cina, i paesi europei che invece vorrebbero in ordine sparso poter proseguire a perseguire liberamente i loro interessi senza essere tirati per la giacchetta in sfide strategiche e ideologiche. Lo stesso che vorrebbe evitare per esempio la Corea del Sud, il cui presidente Moon Jae-in ha significativamente incontrato Papa Francesco invitandolo ufficialmente a visitare la penisola coreana, compresa la parte settentrionale occupata dal regime di Kim Jong-un.

A fare rumore, come detto, è l'assenza di Cina e Russia che appaiono di recente sempre più allineate. Lo dimostrano le esercitazioni militari congiunte ripetute e il recente passaggio di navi delle due flotte nello stretto di Tsugaru tra le due principali isole dell'arcipelago giapponese. Ma lo dimostra anche il fatto che Pechino e Mosca stanno insistendo su piattaforme alternative a quelle che ormai percepiscono come obsolete perché a guida occidentale e dunque "ostili". Lo dimostra il caso afghano, sul quale Cina e Russia si incontrano regolarmente in formati che coinvolgono i paesi dell'Asia centrale o meridionale ma non quelli occidentali. La retorica sta assumendo caratteri sempre più chiari: G20, G7 e compagnia sono piattaforme per i "ricchi e potenti occidentali", mentre noi operiamo al fianco dei paesi in via di sviluppo.

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