In Siria matrimoni di un'ora. Così le prostitute aggirano la Sharia

Sono decine le donne tunisine fatte entrare illegalmente in Siria come "beni di conforto" per gli uomini dei gruppi legati alla Jihad che combattono il regime di Assad. Ragazze, poco più che adolescenti, obbligate a darsi ai miliziani ribelli per onorare il "jihad ennikah", ovvero il "matrimonio" con "coloro che fanno la guerra santa". La Sharia infatti vieta la prostituzione, ma esiste una scappatoia. Matrimoni di un'ora che permettono agli uomini di consumare un rapporto sessuale nel rispetto della legge santa. Dopo un'ora il matrimonio non è più valido e la ragazza si può risposare con un nuovo marito-cliente.
A rivelare questo triste scenario è Abou Koussay, un salafita tunisino che ha combattuto ad Aleppo. L'uomo ha rilasciato un'intervista al quotidiano tunisino Assarih, raccontando l'inferno dei combattimenti e il triste destino di queste ragazze, fatte entrare clandestinamente in Siria per soddisfare i bisogni sessuali dei combattenti, facendo leva su una tradizione religiosa che nasconde, in realtà, un mero sfruttamento sessuale. Koussay ha confermato la presenza di almeno tredici giovani tunisine, ma potrebbero essere molte di più, ridotte in schiavitù e impossibilitate a tornare nel proprio paese.
Ma c'è di più: Koussay, che ha telefonato al quotidiano da una località sconosciuta, ha raccontato anche come i politici tunisini - di cui però non ha fatto i nomi - manipolino la mente dei giovani per costringerli a partire per la "guerra santa" della Siria contro il regime di Bashar al-Assad. I ragazzi tunisini subirebbero un vero e proprio lavaggio del cervello e, una volta al fronte, sarebbero trattati come schiavi. Koussay è uno di questi, che è riuscito a scappare e a fare ritorno nel suo paese per denunciare le atrocità della guerra e gli inganni con i quali vengono ingaggiati i combattenti tunisini. Secondo Koussay sarebbero oltre duemila uomini e molti di essi sarebbero già morti durante i combattimenti.