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Esteri
Jet COMAC C-919, dove osa la Cina: il nuovo assalto ai primati occidentali

È solo camminando che si tracciano i sentieri, siano essi di terra, mare o cielo, con l’opportunità di aprire l’orizzonte verso nuove rotte e traguardi. Vale per tutte le cose: anche per il volo. In questo senso, la scelta di sviluppare un nuovo aereo di linea esercita un effetto traino su tutto il comparto industriale, gettando i presupposti per la costruzione di un vero e proprio polo aerospaziale.

I precedenti, nella Storia recente, sono molti e lapalissiani. Uno su tutti, la nascita di Airbus. Cinquant’anni or sono il gigante americano Boeing era scettico di fronte a quello che considerava un progetto europeo velleitario e dalle scarse possibilità di successo. Il tempo, invece, ne ha fatto uno degli assoluti protagonisti (continentali e non solo) tanto del trasporto passeggeri quanto delle esplorazioni spaziali.

E ora tocca alla Cina.

Scontato rimarcare come la scelta di procedere con la costruzione di un jet di linea originale, il COMAC C919, sia frutto di una precisa volontà politica. Consentendo a Pechino, da una parte, di contendere la piazza agli attuali dominatori del cielo, le famiglie Boeing 737 e Airbus 320; dall’altra stimolando ulteriormente la già famelica economia asiatica, memore del fatto che ogni dollaro del valore di produzione di Boeing facesse aumentare il PIL statunitense di ben 2,3 dollari.

Il C919 ha solcato per la prima volta i cieli il 5 Maggio del 2017, ben nove anni dopo l’approvazione del progetto: a dimostrazione di quanto lo sviluppo di un aereo passeggeri sia tra le sfide maggiori e più complesse che il settore aeronautico conosca (nonostante, anche in questo caso, i tempi accelerati di Pechino).

La domanda di velivoli di questa categoria, tanto per le tratte interne quanto per i voli internazionali, si prefigura rilevante. Secondo le valutazioni di Boeing e Airbus, nei prossimi 15 anni in Cina verranno costruiti ben 215 nuovi aeroporti. Secondo gli studi elaborati dalla stessa COMAC, durante il ventennio 2020-2039 gli aerei consegnati saranno 40.664, per un valore complessivo di 6 bilioni di dollari. Non lasciare questo ciclopico mercato alla produzione straniera è stata una scelta logica e consequenziale, considerato il livello tecnologico raggiunto dai Cinesi in questo campo. Anche qui guardando e mutuando furtivamente le risorse tecnologiche e umane occidentali, attirate in Cina da lauti compensi e prospettive.

Così, se l’Europa si immiserisce, di rimando il Celeste Impero ribolle di attivismo: allo sviluppo del C919 hanno infatti concorso 36 atenei e più di 200 industrie. Inoltre attorno al progetto – che dà lavoro a oltre 466.000 persone, quasi mezzo milione – sono già sorti numerosi parchi industriali, con una percentuale di componenti cinesi del velivolo rapidamente passata dal 10% al 60%. E con perdite conseguenti, ça va sans dire, per i fornitori occidentali.

Poiché ogni anno occorreranno almeno 300 aerei della sua classe, l’obiettivo del COMAC C919 sarebbe quello di rappresentarne un terzo, con una quota di 8 miliardi annui (160 nel ventennio). Il primo ordinativo per cinque esemplari è stato siglato dalla China Eastern Airline il 1° Marzo 2021, prevedendo la consegna di un aereo entro l’anno e quella degli altri quattro nel corso del 2022. I mezzi andranno tuttavia alla sussidiaria OTT Airlines (One Two Three Airlines), costituita nel 2020 proprio come cavia per i jet nazionali, con una flotta di C919 e di ARJ21.

E i Cinesi, nel loro consueto disegno di dilagante allargamento, già prevedono versioni militari del C919, antisommergibili o da pattugliamento radar, come i P-8 Neptune e gli E-7 Wedgetail.

Un ulteriore canale concerne poi lo sviluppo del C929, il velivolo a doppio corridoio in fase di progettazione con i Russi. L’accordo prevede la chiusura del piano nel 2021, il primo volo nel 2025 e le consegne nel 2028: nondimeno pare essere subentrata una certa riluttanza da parte di Mosca, non più così propensa a condividere i propri brevetti industriali.

In conclusione la Cina vuole essere presente – e lo è – anche nel dominio dei cieli, candidandosi a divenirne la potenza primatista (volontà che trapela anche dalla scelta della sigla C919, “9” in Cinese è considerato un numero propizio, simbolo di longevità e legato alla figura dell’Imperatore). Il punto vero è che cosa voglia fare l’Occidente. Stare meramente a guardare mentre il Dragone, in senso letterale, mette le ali ai piedi? Rincorrerlo? Oppure reagire?

Reagire tornando a investire massicciamente in quei settori cruciali per lo sviluppo industriale (Difesa in primis), capaci di costruire attorno a sé un indotto altamente qualificato, remunerativo e prospetticamente cross-settoriale. Dalla Terra alla Luna, passando per il cielo. Una dimensione in cui l’Europa, e segnatamente l’Italia, devono tornare a… volare.

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