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Esteri
L'Europa (paciosa) storicamente culla delle guerre

Innocenzo X s’incazzò — La paciosa Europa è storicamente la culla delle guerre, delle più cruente e distruttive che il mondo abbia conosciuto fino al secolo scorso. Di queste, la peggiore fu quella detta “dei Trent’anni” per l’ovvio motivo che durò dal 1618 al 1648.

Nata con la pretesa di schiacciare una volta per tutte i maledetti eretici Protestanti del Nord, si allargò in un conflitto generale che coinvolse la maggior parte delle grandi potenze europee. Caratterizzata da ogni tipo di crimine di guerra, da devastazioni, da uccisioni di massa e saccheggi, nonché da terribili epidemie e carestie, fu una catastrofe epocale, in particolare per i territori di lingua tedesca dell'Europa centrale. La Guerra dei Trent'anni, alla fine, provocò 12 milioni di morti, vittime dei mezzi artigianali dell’epoca.

L’Italia—per fortuna sua geograficamente marginale rispetto ai combattimenti (eccettuata una robina per la successione di Mantova e del Monferrato)—tende oggi a considerare che il superiore potere temporale del Papato ebbe fine con lo sfondamento di Porta Pia nel 1870, mentre il resto d’Europa conta dalla Pace di Vestfalia, che concluse i tremendi scontri con tre trattati interconnessi firmati a Münster e a Osnabrück, entrambe per l’appunto in Vestfalia.

Il Papa, Innocenzo X, sentendosi tradito per via delle molte concessioni fatte ai Protestanti, reagì con ferocia, emanando un pesante “breve apostolico” (una tacca meno di una “bolla”) chiamato Zelo domus dei ("Mossi dallo zelo per la famiglia di Dio"). Di seguito la parte centrale del documento:

“...Noi, di nostra propria volontà, [...] dichiariamo col presente documento che i suddetti articoli di questi trattati, [...] ed ogni altra cosa contenuta in detti trattati, che sia offensiva o rechi il più piccolo pregiudizio, o che potrebbe [...] considerarsi in qualche modo dannosa [...] alla religione cattolica, alla devozione divina, alla salvezza delle anime, alla detta Sede Apostolica romana [...] sono e saranno legalmente ed in perpetuo nulli, di nessun valore, non validi, perversi, ingiusti, condannati, riprovati, vani e senza alcuna forza od effetto e che nessuno è tenuto ad osservarli, singolarmente o complessivamente, anche nel caso fossero rafforzati da giuramenti, e che nessuno ha potuto o potrà acquistare o reclamare per se stesso in nessun momento sulla loro base alcun diritto o carica o titolo valido o diritto prescrittivo, anche se il possesso durasse per lungo ed immemorabile tempo senza alcuna interruzione, né le sue richieste hanno alcun fondamento nella legge, così che esse dovranno essere per sempre considerate come se non esistessero o non fossero mai state formulate ed approvate”. Poi, nel caso non fosse stato chiaro, il Papa aggiunse: “Inoltre, per maggiore precauzione, [...] condanniamo, riproviamo, estinguiamo, annulliamo e priviamo di ogni forza ed effetto i detti articoli e tutto quanto di pregiudizievole è stato sopra stabilito, e protestiamo contro essi e dichiariamo la loro nullità agli occhi di Dio”.

Al breve apostolico non ci fece caso quasi nessuno. Tra i prelati tedeschi, solo l'Arcivescovo e Principe Elettore di Treviri lo fece esporre. I trattati che conclusero la Guerra—introducendo il concetto di superiorem non recognoscentes, cioè, di Stato pienamente “sovrano”, senza niente e nessuno sopra—erano l’unica maniera per venire fuori dal ginepraio. Dare retta al Papa Re avrebbe rimesso in discussione una pace costata trent’anni di sangue e di atrocità. Non se ne poteva più.

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