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L'ultradestra americana ha trovato il suo nuovo Charlie Kirk, ecco chi è Nick Fuentes. La sua ultima dichiarazione: "Hitler? Molto fico"
Hitler? “Molto, molto fico”. Il Medioevo? Meglio di oggi. L’Afghanistan dei Talebani? Un paradiso". Ecco chi è Nicholas Fuentes

L'ultradestra ha trovato il suo influencer, ecco chi è Nick Fuentes
È bastata un’apparizione televisiva per aprire una crepa nel cuore dell'ultradestra americana. Quando Tucker Carlson ha invitato Nick Fuentes nella sua trasmissione e gli ha concesso spazio senza contraddire le sue posizioni antisemite e razziste, l’onda d’urto è stata immediata, oltre che intensa.
Non hanno avuto dubbi lo speaker della Camera Mike Johnson, né tanto meno il senatore Ted Cruz, a schierarsi contro Carlson, reo di aver offerto legittimità a un propagandista dell’odio. La scossa è arrivata anche dentro il più influente think tank conservatore degli ultimi quarant’anni, la Heritage Foundation, laboratorio ideologico ora architetto dell’ambizioso e controverso Project 2025, il programma con cui l’ultradestra mira a ridefinire l’assetto del governo federale.
All’interno della Fondazione, la frattura si è consumata attorno al suo presidente Kevin Roberts, che ha dapprima rifiutato di sconfessare Carlson - accusando i suoi critici di essere una "casta globalista" - e poi, spinto dai pressing e dalla necessità di raddrizzare il tiro, si è timidamente scusato prendendo le distante da Fuentes.
Intanto, accesa la miccia, l’incendio si è allargato rapidamente ai volti mediatici più influenti dell’ultradestra e non ha lasciato fuori nemmeno Donald Trump, che per ora, al riguardo, resta in silenzio. Il suo possibile vicepresidente, JD Vance, invita a non spaccare il fronte MAGA: l’unità, dice, si costruisce sulla lotta all’immigrazione irregolare.
Il resto – razzismo, sessismo, riferimenti nazisti – viene liquidato come “dettagli”. Dettagli che, però, hanno fatto rimbalzare il nome di Fuentes sulla carta di mezzo mondo e, forse, anche nei bagliori dell'aldilà: sarà lui, come molti sostengono, l'erede del compianto - e anche acerrimo nemico - Charlie Kirk? Sarà lui, classe 1998, originario di Chicago, a riempire quel vuoto? Sta di fatto che il suo nome è destinato a far rumore, proprio come quello sparo che ha fatto fuori Kirk.
Chi è Nicholas Joseph Fuentes
Nick Fuentes nasce e cresce in un quartiere benestante dell’area metropolitana di Chicago, La Grange Park. Di famiglia cattolica di classe media, frequenta la Lyons Township High School e, dopo il liceo, si iscrive alla Boston University, che però abbandonerà presto per dedicarsi interamente alla comunicazione politica online. È appena diciottenne quando apre il suo primo programma su YouTube, “America First with Nicholas J. Fuentes”, format pensato per parlare direttamente a un pubblico giovane affascinato dal trumpismo. All’inizio del 2017 approda alla Right Side Broadcasting Network, piattaforma dichiaratamente filo-Trump, dove ottiene una prima visibilità nazionale.
Sono questi gli anni in cui Fuentes orbita nella alt-right, in quella corrente che coniuga identitarismo bianco, meme culture e un nichilismo provocatorio che diventerà il suo marchio di fabbrica. Il movimento implode dopo la marcia “Unite the Right” di Charlottesville, nell’agosto 2017, quando lo scontro in strada causa la morte dell’attivista antifascista Heather Heyer. Fuentes salutò l’evento come l’inizio di una “rinascita identitaria bianca”, previsione che non si realizzerà. Al contrario, molti esponenti dell’ultradestra si disperdono o rientrano nell’anonimato.
Fuentes, invece, si riorganizza. Riapre canali, ricostruisce community, sperimenta. Si da da fare, insomma. Fino a quando, nel 2020, viene escluso da Youtube per violazione delle norme contro l’incitamento all’odio. Emigra su DLive, certamente meno conosciuto, fino a quando nel 2021 viene nuovamente sospeso a causa delle proteste che precedono l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio: non entra nell’edificio, ma viene ripreso mentre arringa i suoi sostenitori.
Quel giorno, tra i rivoltosi, compare anche una bandiera con il logo America First: è il segno che la sua rete non è fatta solo di follower digitali, ma di persone in carne ed ossa. Ormai fuori dalle piattaforme mainstream, Fuentes non si perde d'animo e decide di sorpassare i turpi procedimenti delle autorizzazioni e del politically correct. Fonda così Cozy Tv, poi approda su Rumble, piattaforma finanziata da un fondo legato al vicepresidente JD Vance.
Nel 2024, Fuentes rientra su X grazie a una decisione diretta di Elon Musk, che giustifica il reintegro sostenendo che la “punizione” sarebbe arrivata dal fact-checking comunitario. Il risultato, però, è stato l’opposto: lungi dall'essere isolato, Fuentes ha moltiplicato la propria audience. In pochi mesi è passato da circa 168 mila follower a oltre 900 mila, diventando una delle voci più visibili della destra radicale giovanile americana.
America first
"Gli Usa devono tornare a essere una nazione 'bianca, cristiana e culturalmente omogenea'”. Il nucleo del messaggio del giovane Fuentes è racchiuso qui, e basta questo per giudicarne la portata ideologica. La sua visione miscela nazionalismo etnico, tradizionalismo religioso e l’idea di un complotto globale che minaccerebbe l’“identità” americana.
È questa retorica che lo proietta, nel giro di poco tempo, da personaggio marginale dell’alt-right a punto di riferimento per una nuova generazione di giovani ultra-conservatori. Attorno a lui prende forma la comunità dei cosiddetti Groypers: ambiente prevalentemente maschile, quasi sempre giovane, che usa l'ironia come arma a doppio taglio per inviare messaggi apertamente razzisti e antisemiti. Il simbolo è una rana verde dall’aria compiaciuta - variante distorta e caricaturale di Pepe the Frog - trasformata, quasi certamente senza piacere, in icona identitaria.
Non passa molto perché la comunità digitale si trasferisca in carne ed ossa nel mondo reale. I disturbatori si presentano agli eventi di Turning Point USA, organizzazione giovanile vicina ai repubblicani fondato da Charlie Kirk, accusando questi ultimi di essere “troppo moderati”, “filo-sionisti” o “prigionieri del politicamente corretto”. I video delle contestazioni diventano virali, l'ultradestra rivoluzionaria che rifiuta compromessi - ben lontana dalla destra - diventa per una fetta di pubblico giovane e arrabbiato irresistibile: un dessert pieno di gusto, un'energia pronta a esplodere.
Ed esplode, infatti, in AFPAC, conferenza alternativa e radicale che Fuentes propone come contraltare di CPAC, grande appuntamento annuale del conservatorismo ufficiale che mette sul palco parlamentari repubblicani: è il segno che il confine tra militanza suprematista e mainstream è sfumato, forse perso per sempre. In tutte queste occasioni, Fuentes si presenta come satirista politico, ma le sue battute funzionano solo se si accetta che l’antisemitismo, il sessismo e la nostalgia per ideologie autoritarie siano una forma di intrattenimento.
Mette in dubbio la realtà dell’Olocausto, definisce gli ebrei come “un’élite ostile”, sostiene che “le donne vogliono la dominazione maschile, anche con la forza”. E' una comunicazione di scandalo che ben si adatta al mondo dei social, un vestito che non ha bisogno di cuciture sartoriali per adattarsi a un corpo, quello del web, dove l'odio sembra esercitare sempre più fascino, un amore scabroso che con sadismo non si vede l'ora di mettere in luce.
L'ultima cena
Peccato che la cena con Trump sia stata una catastrofe. L'episodio, nel 2022, fa esplodere le polemiche: l’ex presidente sostiene di non sapere chi fosse, probabilmente per evitare imbarazzi, ma è troppo tardi. Da quel punto le strade si dividono. Fuentes lo accusa di essere “debole”, “subalterno a Israele” e incapace di mantenere la promessa dell’America First.
La sua strategia diventa allora più chiara: infiltrare il Partito Repubblicano dall’interno, piazzando giovani militanti in campagne elettorali, staff legislativi, think tank e media. La politica diventa quasi una religione, Fuentes parla di “battesimo politico” e di “crociata culturale”, attinge ai codici della destra storica il cui rilancio appare come un passo verso l'Inferno, più che una crociata per il paradiso. Del suo profilo tocca ricordare l'uso del digitale, come arma e strumento capace di mobilitare le masse, come dinamica da osservare per comprendere come il web, in fondo, sia il nuovo spazio in cui si sono trasferite le arene elettorali.
Kirk, volto più visibile del conservatorismo istituzionale americano, aveva fatto qualcosa di simile, coinvolgendo giovani, università e politica mainstream e promuovendo un conservatorismo filo-Trump dai toni più pacati, moderati, filo-Israeliani e con un occhio particolare all’immagine pubblica. Fuentes se ne distacca: complottista di natura, è più aggressivo e più aperto all’uso dei social e delle piattaforme alternative. I "ranocchi" vedevano in Kirk un conservatore troppo moderato ma, secondo voci di palazzo oltreoceano, ora che non c'è più il gioco è fatto. S'è aperto un vuoto, e il vuoto va colmato: basta un attimo affinché se ne dimentichino le fondamenta per ricostruire un palazzo fatta di diversa pasta. Fuentes può intercettare quel pubblico, può trasformarlo in un movimento più estremo e conflittuale? Può in qualche modo ridefinirlo, amplificando la rabbia e la frustrazione? Sono queste le domande che circolano negli ambienti dell'ultradestra.
Domande a cui il tempo darà risposte, mentre a noi ne restano altre. E' possibile credere davvero che Adolf Hitler fosse "molto, molto fico", come detto da Fuentes in trasmissione da Carlson? E' possibile essere fan di Stalin, preferire un "ritorno al Medioevo, quando le donne non potevano votare e contraccettivi e fornicazione erano vietati"? Questo è il mondo di Fuentes, un mondo dove l'Afghanistan dei Talebani è come l'albero della cuccagna, perché lì si vietano "l'aborto, i vaccini e i matrimoni gay". Un mondo che forse l'ultradestra rimpiange, ma che una buona parte di destra, forse, non vuole affatto.
