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Esteri
Libia, Di Maio guida la missione Ue. "Ora basta con le ingerenze straniere"

Libia, Di Maio: "Si ritirino mercenari e forze straniere"

Il nuovo governo di unità nazionale di Tripoli, con i Paesi europei più impegnati nella stabilizzazione della Libia - Italia, Francia e Germania - ha chiesto il ritiro "immediato" dei mercenari, per permettere il progresso della transizione e dell'unificazione di poteri che deve portare il Paese alle elezioni generali di dicembre, come previsto dalla road map promossa dall'Onu. L'appello a mettere fine a ingerenze straniere è arrivato durante la missione congiunta dei capi delle diplomazie di Roma, Parigi e Berlino - Luigi Di Maio, Jean-Yves Le Drian e Heiko Maas - che a Tripoli hanno trasmesso il messaggio di "unità di intenti" e sostegno alla stabilizzazione della Libia, a fronte dei recenti progressi politici registrati con la fiducia accordata dal Parlamento all'esecutivo ad interim del premier Hamid Bdeibah. "Un risultato che, qualche mese fa, sembrava irraggiungibile", ha detto Di Maio, alla sua seconda visita in Libia in pochi giorni.

Il titolare della Farnesina ha ribadito che l'Italia e i partner europei sostengono lo sforzo di preservare il cessate il fuoco, unificare l'esercito nazionale e le istituzioni finanziarie e soprattutto tenere le elezioni programmate per il 24 dicembre, definite da Di Maio tra le sfide "prioritarie" del nuovo esecutivo. "La partenza dei mercenari è essenziale affinché lo Stato libico possa affermare la propria sovranita'", ha sottolineato Le Drian. Un appello a cui si è unita anche la nuova ministra degli Esteri libica, Najla al-Mangoush, nella conferenza stampa congiunta a Tripoli con i colleghi europei.

L'annoso conflitto libico è stato in gran parte alimentato da potenze esterne. Per questo, la questione dei soldati e dei mercenari stranieri - 20 mila ancora attivi a dicembre, secondo le Nazioni Unite - rimane centrale. Se confermato, appare incoraggiante l'annuncio arrivato da una fonte diplomatica francese dell'avvio del ritiro dei combattenti siriani, mandati dalla Turchia di Erdogan a sostegno del precedente governo guidato da Fayez al Serraj. Ankara ha anche soldati regolari in Libia, come previsto da un accordo bilaterale concluso proprio con Serraj. Insieme ai siriani, l'altra presenza 'straniera' consistente è quella dei mercenari russi della società privata Wagner, schierati, invece, a sostegno del principale 'rivale' di Tripoli, il generale della Cirenaica Khalifa Haftar: sarebbero ancora operativi nella zona di Sirte e Jufra.

Anche il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi - tra gli sponsor dell'uomo forte della Cirenaica - ha chiesto il "ritiro" delle forze straniere, ricevendo il presidente del Consiglio presidenziale libico Mohamed al-Menfi al Cairo. La visita congiunta dei tre ministri a Tripoli mirava principalmente a mostrare l'unità europea su un dossier come quello libico, segnato in passato da profonde divergenze tra Roma e Parigi. Quest'ultima ritenuta vicina alla controversa figura di Haftar. Parigi appare ora desiderosa di voltare pagina e ha annunciato la riapertura, lunedi', della sua ambasciata a Tripoli, chiusa dal 2014. Per l'Italia - tornata protagonista del nuovo slancio europeo su un dossier che riguarda interessi prioritari e strategici per il nostro Paese, sia sul piano economico che della sicurezza, per via della questione migratoria - il prossimo orizzonte è a breve termine: la prima visita in Libia del presidente del Consiglio, Mario Draghi, annunciata per il 6-7 aprile. 

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