Scontro a Bruxelles: la Ue vuole regole dure sugli investimenti cinesi, ma il Consiglio frena - Affaritaliani.it

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Scontro a Bruxelles: la Ue vuole regole dure sugli investimenti cinesi, ma il Consiglio frena

L'UE divisa sul fronte degli investimenti esteri: mentre a livello centrale si spinge per blindare i settori strategici dalle mire di Pechino (e non solo), i governi nazionali invocano maggiore flessibilità

di Francesco Crippa

La Commissione europea vuole regole dure sugli investimenti cinesi, ma il Consiglio frena

A Bruxelles è scontro su quale postura assumere nei confronti della Cina e delle sue ingerenze nella nostra economia. Sta entrando nel vivo, infatti, la partita sulla revisione dei regolamenti sugli investimenti diretti esteri (l’attuale normativa risale al 2019 ed è operativa dal 2020).

In questo quadro, la Commissione propone regole stringenti, obbligando ciascuno Stato a un approfondito esame che valuti le ricadute sulle infrastrutture critiche e strategiche che l’acquisizione di un’azienda europea da parte di una straniera potrebbe avere. Lo scopo è quello di tutelare le proprie industrie e la propria economia, specialmente nei settori sensibili come intelligenza artificiale, chip, tecnologie quantistiche, tecnologie energetiche, ricerca spaziale, droni o medicinali essenziali. Ma mentre il Parlamento europeo appoggia la proposta della Commissione, il Consiglio frena.

A riportarlo è il giornale Politico, che ha visionato una nuova bozza del testo preparata dal Consiglio europeo. Dal testo emerge come i diplomatici rappresentanti dei 27 Paesi abbiano diluito le norme pensate dallo staff di Ursula von der Leyen. Innanzitutto, è stato ridotto l’elenco dei settori strategici soggetti a screening obbligatorio. In secondo luogo, in diversi casi l’obbligo scompare, venendo sostituito da una meno incombente raccomandazione.

L’obiettivo della Commissione non è quello di limitare solo l’ingerenza cinese, anche se è a causa di alcune mosse di Pechino se ha deciso di attivarsi. Due anni fa, per esempio, Cosco, colosso statale che fornisce servizi di spedizioni e di logistica, ha messo le mani su una quota di minoranza di un terminal del porto di Amburgo. Da allora, l’Europa ha cercato di mettersi al riparo da ulteriori azioni, prendendo provvedimenti in diversi settori all’interno di una strategia di difesa della propria economia in cui rientrano, per esempio, anche gli ostacoli posti all’ingresso nel Vecchio Continente di veicoli elettrici dalla Cina.

In questo caso, però, si parla di investimenti diretti e acquisizioni e nel mirino dell’Ue (dalla Commissione al Parlamento al Consiglio) ci sono anche gli Stati Uniti. Da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca, infatti, i rapporti commerciali e finanziari tra Washington e Bruxelles si sono, per usare un eufemismo, incrinati. Gli Usa, ha detto Damien Levie, capo dell’unità di controllo degli investimenti diretti esteri del dipartimento Commercio della Commissione, non sono più dalla parte dell’Europa come lo erano un tempo e quindi bisogna prevenire eventuali sgambetti. Solo pochi giorni fa, per esempio, il fondo di private equity Cd&R ha acquistato una filiale di Sanofi, produttore francese di paracetamolo.

Un capitolo a parte riguarda i cosiddetti investimenti “greenfield”, cioè quelli in cui un’azienda straniera avvia da zero un’attività in Europa. Anche in questo caso, Commissione e Parlamento concordano sulla necessità di uniformare questo tipo di investimenti alle acquisizioni estere e quindi di sottoporli a valutazioni obbligatorie. Il Consiglio, invece, propone di allargare le maglie. In questo modo ci sarebbe una sostanziale sburocratizzazione che permetterebbe una maggiore capacità di investimenti, ma si correrebbe il rischio di aprire le porte alla penetrazione commerciale, economica e quindi geopolitica di player internazionali rivali, come la Cina.

In questo senso, i rapporti tra Bruxelles e Pechino sono avviati su una sorta di doppio binario. Da un lato, infatti, i due partner si guardano con una sorta di reciproco sospetto, soprattutto da parte europea. Dall’altro, invece, la guerra commerciale scatenata da Trump su scala globale li avvicina. Proprio oggi, giorno in cui si celebra il cinquantennale delle relazioni Europa-Cina, il presidente Xi Jinping ha annunciato che verranno rimosse tutte le barriere commerciali reciproche. Un’affermazione il cui sviluppo è imprevedibile ma che testimonia una volontà di dialogo. Resta da capire come Bruxelles interpreterà gli spazi che questo dialogo può aprire: se come una minaccia o se più come un’opportunità da cogliere.

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