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Esteri
Usa, Camera boccia dichiarazione d'emergenza per il Muro in Messico
Foto: LaPresse

Con il voto dei deputati repubblicani in rotta con il presidente il margine è stato molto ampio, 245 sì contro 182 no. Ora la palla passa al Senato, dove invece è il partito del presidente ad avere la maggioranza, anche se tre senatori sono contrari

La Camera dei rappresentanti americana ha approvato una risoluzione che ritira lo "stato di emergenza nazionale alla frontiera", annunciato da Donald Trump per poter ottenere i fondi del bilancio federale verso la costruzione di una parte di Muro col Messico. L’esito del voto si conosceva già, visto che i democratici dalle ultime legislative di novembre hanno la maggioranza dei deputati. In più sono arrivati anche i voti di 13 repubblicani, in conflitto con il loro presidente.

Grazie al loro sostegno la Camera ha avuto un margine molto ampio, 245 sì contro 182 no. Ora la palla passa al Senato, dove è il partito del presidente ad avere la maggioranza. Tuttavia ci sono almeno tre senatori repubblicani apertamente contrari allo stato di emergenza e dunque una sorpresa è possibile. Le conseguenze pratiche non ci saranno. Infatti, anche qualora il Senato sconfessi a sua volta il presidente approvando la risoluzione democratica, Trump reagirebbe usando il potere di veto per bloccare la legge che gli lega le mani.

Per superare il veto presidenziale ci vuole una maggioranza qualificata dei due terzi, che non è alla portata dell'opposizione. Quest'ultima però continuerà la sua battaglia altrove: nei tribunali. Già 16 Stati governati dai democratici hanno presentato ricorsi alla magistratura, e anche i deputati potranno farlo. Da questo punto di vista non è priva di conseguenza la votazione della Camera. Il fatto stesso che il Congresso rivendichi la propria prerogativa costituzionale - l'approvazione delle leggi di bilancio - e contesti lo stato di emergenza come un abuso del potere esecutivo, andrà ad arricchire i dossier presentati alla magistratura, che dovrà tenerne conto.

Del resto le defezioni di 13 deputati repubblicani - e quelle preannunciate da tre senatori dello stesso partito, Susan Collins, Thom Tillis e Lisa Murkowski - sono motivate dalla stessa preoccupazione: quella di creare un precedente, utilizzabile in futuro da un presidente democratico. Così come Trump si procura da solo i fondi per la costruzione del Muro aggirando la bocciatura del Congresso, un presidente democratico potrebbe usare lo stesso espediente dello stato di emergenza per far passare riforme bloccate dai parlamentari.

La presidente della Camera, la democratica Nancy Pelosi, ha dichiarato: "Non daremo a nessun presidente, democratico o repubblicano, carta bianca per stracciare la Costituzione degli Stati Uniti". Resta incerto l'esito della battaglia che si svolgerà nei tribunali. "Contro la volontà del Congresso, il presidente ha usato il pretesto di una crisi fabbricata per dichiarare un'emergenza nazionale". Così recita il testo del ricorso presentato da 16 Stati Usa contro il Muro di Donald Trump. In un certo senso è il remake del Muslim Ban.

Di nuovo un atto esecutivo del presidente è impugnato dalle autorità locali, e finirà davanti alla magistratura ordinaria (in questo caso il tribunale federale di San Francisco). Spiccano due Stati a guida democratica, California e New York. Nel caso del Muslim Ban diversi gradi di giudizio bloccarono quel decreto - che chiudeva le frontiere a molti cittadini di paesi islamici - costringendo la Casa Bianca a riscriverlo in diverse versioni. Alla fine però Trump ebbe la meglio, almeno in via preliminare, davanti alla Corte suprema.

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