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Esteri

Quello che molti consideravano impensabile, si è verificato. Gli elettori americani hanno mandato Donald Trump alla Casa Bianca. In queste ore, tutte le Cancellerie si staranno  interrogando sulle conseguenze del suo vicino insediamento alla guida degli USA. Il risultato conferma la diffusione del rigetto della politica e dei politici di professione di cui pensavamo avere il monopolio in Europa. Ed è anche segno della straordinaria impopolarità di Hillary Clinton, a dispetto della sua riconosciuta competenza. È una svolta drammatica, testimoniata anche dalle primissime reazioni dei mercati e dallo smarrimento che ispira tutti i commenti iniziali.

Tuttavia, a questo stadio, una certa cautela si impone prima di azzardare previsioni sugli indirizzi di politica estera del prossimo Presidente.

PUTIN: PRONTI A RIALLACCIARE I RAPPORTI CON GLI USA

Anzitutto, perché, come sempre, una cosa sono le dichiarazioni  del candidato, altro le sue politiche una volta insediato. Negli  affari internazionali, le dinamiche degli scontri e convergenze di interessi, oltre alle situazioni concrete, condizionano i programmi e le azioni possibili. Nel caso di Trump, poi, tali e tante sono state le sortite, le retromarce e le ambiguità, che per ora si possono fare solo considerazioni di tendenza.

Data la inesperienza del neo Presidente, ancora più importante del solito sarà la composizione della sua squadra di politica estera e di difesa  ( i Segretari di Stato ed alla Difesa ed il Consigliere per la Sicurezza Nazionale). Saranno, queste, nomine cruciali per il corso della azione internazionale degli Stati Uniti.

Premessa questa cautela, si possono tuttavia tentare alcune previsioni. È inevitabile pensare che la prossima Amministrazione avrà una retorica isolazionista e declinerà in forme anguste, nella peggiore delle ipotesi, provinciali, il principio della cd. America first, cioè della tutela degli interessi del Paese. Ovviamente, tutti i Presidenti americani hanno ispirato la propria azione a questo principio. Occorrerà però vedere come Trump lo contestualizzerà nell'ambito di una governance mondiale in cui gli interessi USA dovranno amalgamarsi con quelli degli Alleati e dei Partners o accomodare interessi contrapposti di altre Potenze. Le dichiarazioni del prossimo Presidente in materia di grandi negoziati commerciali puntano in direzione di una introversione protezionista degli Stati Uniti a scapito delle impostazioni internazionaliste e liberiste che storicamente hanno connotato il ruolo di Washington.

Agli Europei, la presidenza Trump pone numerosi e pesantissimi interrogativi, a partire dal grado di comprensione del Presidente eletto della portata storica della Unione Europea. A ciò si collega la domanda decisiva sulla sua  sensibilità per il legame transatlantico e per l'Alleanza, la NATO, che ne è stato il veicolo nel dopoguerra.

Alcune dichiarazioni di Trump in campagna elettorale hanno causato sconcerto e fatto stato di indifferenza, se non insofferenza, per quelli che sono, ed è interesse comune salvaguardare, i pilastri della cooperazione e della sicurezza per l' Occidente. Gli Alleati Europei debbono predisporsi ad una azione quasi pedagogica sul prossimo Presidente, pronti d'altro canto a dimostrargli che le sue brutali sollecitazioni ad assumersi oneri adeguati per la difesa saranno fattivamente prese in conto. Del resto, era tempo che gli Europei, Italia in testa, abbandonassero l'illusione che gli USA potessero continuare ad accollarsi una parte così sbilanciata dei carichi.

Molta curiosità, con correlate speculazioni anche strumentali, ha suscitato in campagna elettorale il presunto " feeling " tra Trump e Putin. Sospetti di relazioni d'affari tra il magnate USA ed ambienti economico-finanziari legati al Kremlino, sono regolarmente apparsi sulla stampa americana ed internazionale. La conclusione quasi generale , in una atmosfera da guerra informatica, è stata che la Russia facesse il tifo per la vittoria di Trump,

È impossibile separare in questo genere di vicende la realtà dalla propaganda. Che il Kremlino possa aver cercato di destabilizzare la campagna presidenziale è plausibile, così come sono note le frizioni tra Putin e Hillary Clinton. Una Presidenza di quest'ultima era una prospettiva non rassicurante per Mosca. Tuttavia, si può essere certi che oggi nelle stanze del potere russo ci si interroghi con apprensione sulle conseguenze dell'ascesa alla Casa Bianca di un personaggio così fuori della norma ed imprevedibile come Trump.

L'andamento delle relazioni tra gli Stati Uniti e la Russia è di fondamentale importanza per gli Europei. L'istinto isolazionista che lo caratterizza ed il convincimento espresso dal Presidente eletto che gli USA debbano anzitutto pensare a se stessi, potrebbero indurre Putin, sempre più ostaggio nel suo Paese di un nazionalismo da lui stesso fomentato, a testare in forme intimidatorie quanto spazio si renda  disponibile per recuperare l'influenza russa in Europa, e non solo. Un corso del genere va scongiurato anche con la ferma coesione occidentale che Washington sola può, come sempre in passato, cementare. L'Amministrazione Trump ne sarà consapevole?

Se si ammette, tuttavia, che è stato un fallimento di portata storica il fatto che, per errori e responsabilità di entrambe le Parti, non si sia riusciti a stabilire una genuina comprensione e cooperazione tra la Russia post Sovietica e l'Occidente, che pur sembrava possibile, Trump, non ancorato a canoni politico-diplomatici tradizionali, potrebbe rivelarsi sorprendentemente l'uomo giusto per avviare una svolta. Se, anche grazie al maturare di un approccio meno aggressivo e sospettoso da parte di Mosca, dovesse dischiudersi il potenziale per una nuova fase, all'Occidente si richiederà, con una percezione più sofisticata che in passato,  di prendere in conto gli interessi legittimi della Russia, in Europa orientale così come in Medio Oriente ed altrove, senza però che questo pregiudichi la sicurezza degli Stati Uniti e dei loro Alleati. Considerazioni del genere potrebbero sembrare fantapolitica, alla luce della mancanza di un disegno coerente nelle prese di posizione del candidato Trump. Ma la Casa Bianca, e l'esercizio del potere che ne deriva, impone alla fine la disciplina. Un compito gravoso, ripetiamo, ricadrà sulle spalle degli Europei, che saranno chiamati a rivedere gli schemi tradizionali che hanno plasmato i rapporti con il maggiore Alleato nel dopoguerra.

Nello scacchiere Mediterraneo, il timore è che Trump lasci mano libera alla influenza della Russia in Siria e nella intera regione, scottato dagli ostacoli incontrati  e dalle frustranti esperienze sofferte dalla Amministrazione Obama. Se sono innegabili vistose insufficienze nelle più recenti politiche USA in Siria e nella area mediterranea e medio-orientale, altrettanto negativo sarebbe un indirizzo di Trump che ne ignori la centralità e trascuri le complessità di un crocevia di scontri e convergenze di interessi ed obiettivi interni ai singoli Paesi, tra le Potenze regionali e a livello mondiale. Una personalità incline alla semplificazione ed alla presa di distanza, come sinora rivelatosi Trump, avrà bisogno di una squadra di notevole spessore ed esperienza per affrontare senza danni per gli USA ,e per i suoi Alleati, queste difficili crisi.

Un altro capitolo denso di incognite è quello delle relazioni Stati Uniti-Cina. La filosofia economico commerciale espressa in campagna elettorale da Trump lascia presagire serie tensioni con Pechino, mentre si addensano nubi all'orizzonte dei rapporti tra Washington ed i suoi tradizionali Alleati asiatici. Anche su questo capitolo, occorrerà attendere come e se le sortite della campagna elettorale si tradurranno in azioni di politica estera degli USA.

In conclusione, nel clima di incertezza e di giustificata inquietudine che ha accolto la elezione di Trump alla Presidenza degli Stati Uniti, un fatto certo è che questa impone con urgenza agli Europei  di affrontare con coraggio e visione il problema della assunzione di responsabilità della Unione e del suo ruolo nel mondo.

Purtroppo, questo avviene nel momento peggiore.

Giancarlo Aragona, ISPI Scientific Advisor

fonte: http://www.ispionline.it

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trump presidente usavittoria trumpusa vittoria trump





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