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Ambiente, la dieta povera di carne può migliorare la qualità dell'aria

Una dieta meno ricca di prodotti animali può migliorare la qualità dell’aria che respiriamo. E' la conclusione di due studi condotti a livello europeo, sulla scia di un dato dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, secondo la quale l'inquinamento atmosferico in Italia è responsabile di circa 90.000 morti premature all’anno. Da qui la necessità di combattere l’inquinamento con misure di tipo strutturale, accompagnate da cambiamenti degli stili di vita individuali che non possono prescindere dalla consapevolezza da parte dei cittadini di quelli che sono i comportamenti responsabili delle emissioni di inquinanti. 

Ambiente, lo studio condotto dall'Università di Urbino

Uno studio condotto dall’università di Urbino, in collaborazione con l’università di Vienna e il CNR, ha analizzato la percezione degli europei sulle sorgenti di inquinamento: i risultati hanno rivelato che sottovalutano enormemente il ruolo del settore agroalimentare, che non è mai visto come inquinante, mentre in realtà agricoltura e allevamenti intensivi sono i principali responsabili di emissioni di ammoniaca che, reagendo con altre componenti atmosferiche, va a costituire la componente dominante del PM2.5, ovvero le polveri sottili tanto dannose per la nostra salute. 

Ambiente, lo studio delle università di Brescia, Roma Tre e JRC 

Uno studio parallelo, condotto in collaborazione con le università di Brescia e Roma Tre e il JRC, l’hub europeo della scienza, ha quantificato i co-benefici per la salute dei cittadini Italiani derivanti da una diminuzione del consumo di proteine animali in termini di anni di vita recuperati. Al vantaggio metabolico dovuto al minore apporto di proteine e acidi grassi si unisce, infatti, quello legato a una minore esposizione al PM2.5, conseguente la diminuzione delle emissioni di ammoniaca.

Lo studio è stato corredato da un’analisi socio-economica sulla disponibilità dei cittadini italiani a rinunciare ai prodotti di origine animale per alcuni giorni alla settimana. “Una parte di loro sembra essere disponibile ad astenersi dal mangiare carne e latticini – ha spiegato Michela Maione, docente di Chimica dell’atmosfera all’università di Urbino, che ha condotto la ricerca -, ma non in misura sufficiente da poter fare la differenza in termini di vite guadagnate”. Ecco che diventa necessario che “a politiche europee adeguate, che coinvolgano anche il settore agro-alimentare, si accompagni una maggiore consapevolezza del ruolo nell’inquinamento di questo importante settore produttivo, così che i cittadini possano valutare con cognizione di causa i numerosi vantaggi del passaggio a una dieta meno ricca di prodotti animali”. 

 

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