Appalti, contratti collettivi più rappresentativi
La sentenza del Consiglio di Stato n.4699/15 fornisce un’importante interpretazione sul giudizio di anomalia nell’ambito degli appalti pubblici relativamente al costo del lavoro. Una circostanza – per usare le parole di Palazzo Spada – “ doveva essere oggetto di particolare attenzione nel giudizio di anomalia tenuto conto che [...], l’art. 86, comma 3 bis, del Codice dei contratti pubblici non solo prevede che, nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte, gli enti aggiudicatori siano tenuti a verificare che il valore economico dell’offerta sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro (e al costo relativo alla sicurezza),ma stabilisce anche che il parametro di valutazione del costo del lavoro è costituito dalle apposite tabelle redatte periodicamente dal Ministro del lavoro «sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali».”.
Secondo il Consiglio di Stato a tal fine occorre innanzitutto tenere conto della rappresentativa degli agenti negoziali che hanno stipulato il contratto collettivo applicato dall’offerente, che deve essere stipulato da rappresentanze sindacali comparativamente più rappresentative. L’utilizzo nel settore pubblico di contratti collettivi che non hanno il sufficiente grado di rappresentatività , naturalmente validi sotto il profilo giuridico (art.39 Cost.), per il Consiglio di Stato “ costituisce un’evidente anomalia del sistema”.
Nel merito, l’offerta doveva ritenersi anomala in quanto gli scostamenti dei livelli retributivi considerati nel contratto collettivo minore risultava superiore al 6,5% rispetto a quelli delle tabelle del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali che tengono invece conto del contratto collettivo comparativamente più rappresentativo.