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“Emigrazioni oniriche”: saggi sull’arte a cura di Giorgio Manganelli

Calvino ha ragione: Manganelli è davvero unico, nessuno scrive come lui; il suo stile è immediatamente riconoscibile, la sua prosa densa e ricca è sempre sorprendente, il ritmo del testo è inimitabile, come solo i grandi giocolieri del linguaggio sanno fare. Nella sua scrittura confluisce anche il carattere dell’autore, dinamico e insofferente ai luoghi comuni, così ogni testo acquista una carica quasi eversiva, un’imprevedibilità che sorprende e diverte il lettore. Giorgio Manganelli non smette di stupire: porta avanti il suo “programma antivirtuistico e antivitalistico” delineato in La letteratura come menzogna scardinando luoghi comuni e offrendo punti di vista impensabili, spesso con la leggerezza di chi sa quello che dice, a volte con l’irresponsabilità dichiarata di chi proclama di non voler essere preso sul serio.

Citando nuovamente Calvino: “Nessuno rappresenta più di lui nello stesso tempo la tradizione e l’avanguardia. La tradizione perché parte sempre da un ideale di forma molto strutturato e colto, nella sintassi della frase e nella logica dell’invenzione e dell’argomentazione. (Potremmo dire che il suo modello di partenza è Swift, uno Swift che lascia scatenarsi fino alle estreme conseguenze il proprio umore saturnino e le proprie ossessioni). L’avanguardia perché non c’è sfida dell’uso del pensiero e delle forme d’espressione che faccia indietreggiare Manganelli”.

Giorgio Manganelli
 

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