Libri & Editori
Libri, perché "Le Ripetizioni" (candidato allo Strega) è da leggere

Un libro da vivere, amare, odiare leggere al contrario... ma di rara alta letteratura. Il primo romanzo di Mozzi e forse l'unico
C’è un libro fra i dodici candidati allo Strega che, più di tutti gli altri, merita attenzione. Parliamo del romanzo Le Ripetizioni di Giulio Mozzi, curatore editoriale, narratore, scopritore di talenti, divulgatore. Nel suo primo romanzo Mozzi (in precedenza solo racconti) si prende gioco degli stereotipi della narrazione e, attraverso una stratificazione non cronologica dei fatti, ci conduce nell’area delle umane ossessioni. Le nostre vite sono uniche quanto avvilenti, non hanno quasi mai un’evoluzione, condannate alla staticità. Il tempo che scorre è l’illusione dell’evoluzione mentre invece non accade quasi nulla (famiglia, figli, tradimenti, lavoro, perversioni, sono solo parvenze del contrario).
Solo i ricordi sembrano tenerci in vita, e gli stessi ricordi per definizione sono sfumati, rarefatti, selettivi, dove il reale e l’irreale si mescolano fino a confondersi (“che importa, si diceva, se a riportarmi tutti quei ricordi veri sia stato un ricordo falso”? “Ma com’è che mi commuovo o piango per delle storie che possono essere inventate?” ). Proprio “qui e ora” ci porta Mozzi, anche se il tempo va avanti (“il tempo è una somma di infinite ripetizioni con minime variazioni”), non a caso molti dei fatti narrati accadono simbolicamente lo stesso giorno (il 17 giugno). Qualcuno ha scritto che il libro di Mozzi è un’opera disturbante e non scritta per farsi compiacere, ma per restare. Ma chi è Mario, il protagonista del libro? Mario vive in balia della propria inconcludenza e immaturità animate da una triplice vita (non sapremo mai quale vera e quale frutto della sua fantasia), una delle quali (il diavolo?) fatta anche di perversioni e inutili omicidi. Mozzi fa il possibile per farci maledire Mario, e farsi maledire lui stesso, artefice di un’opera di frammenti che non vanno a comporre alcun puzzle. Non c’è alcuna chiusura del cerchio, nessuna morale, tutto resta appeso e interrotto, proprio come i pezzi di un puzzle nella scatola.
Quello di Mozzi è un atto di resistenza letteraria, da sventolare come un trofeo non facile da trovare in giro. Le prime trenta pagine del romanzo sono di pura bellezza, scorrono accomodanti, ma questo è solo l’incipit di uno schema narrativo che poco dopo si trasforma nel dramma delle ripetizioni. Mozzi infatti inchioda i suoi personaggi in un binario morto, il senso di insofferenza cresce fino al non epilogo. Dopo alcuni capitoli dai quali avremmo voluto fuggire o con personaggi fortemente disagiati, il crescendo di intensità che pervade il libro non può non farvi innamorare di Mozzi (come nel racconto dei genitori o nel drammatico scambio padre figlia non identificati) per poi precipitare nelle ultime allucinogene pagine, quasi illeggibili, che terminano con un liberatorio, ma senza alcuna redenzione, “adesso basta”. Le Ripetizioni è un libro da vivere, da odiare, da amare, da leggere al contrario, da maledire, da piangere, ma di certo un libro di rara alta letteratura, con l’uso di un linguaggio semplice quasi a non voler lasciarci alcun alibi. Le Ripetizione forse resterà l’unico romanzo di Mozzi, anche perché è il risultato di oltre vent’anni di scritti ma soprattutto perché, forse, ha già detto tutto. AM.