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Libri & Editori
Sequestro Davide Cervia: dopo 30 anni di depistaggi, un libro cerca la verità

Il caso Davide Cervia

A trent’anni esatti dal rapimento dell’ex sottufficiale della Marina militare esperto in tecnologie di guerra elettronica, esce il nuovo libro del giornalista Valentino Maimone, che ha seguito la vicenda dall’inizio. Tra depistaggi, bugie e omissioni per coprire una verità indicibile: un uomo può essere venduto come un pezzo di ricambio sul mercato del traffico d’armi.
Sono passati trent’anni esatti da quando qualcuno lo strappò via alla moglie e ai suoi due figli piccoli, ai suoi cari, agli amici. E a quella vita normale che aveva scelto di vivere. Da quel 12 settembre 1990 Davide Cervia, ex sottufficiale della Marina militare tra i massimi specialisti europei in sistemi d’arma elettronici, non è più tornato a casa. Ed è diventato suo malgrado il protagonista di uno dei grandi misteri irrisolti della nostra Repubblica.

Oggi per la prima volta un libro ne racconta nei particolari tutta la vicenda: esce infatti Il caso Davide Cervia (disponibile su Amazon, in formato ebook e cartaceo), scritto dal giornalista Valentino Maimone, una ricostruzione ragionata, attraverso documenti inediti, retroscena e interviste esclusive ai protagonisti.
Perché un uomo dalle conoscenze così sofisticate e strategicamente cruciali come Davide Cervia fu lasciato solo? Perché nessuno di chi istituzionalmente era preposto a farlo, lo cercò sul serio? Non si trattò né di un allontanamento volontario né di una fuga da creditori che non aveva mai avuto, come gli inquirenti hanno invece sempre sostenuto fino all’ultimo: l’ex sottufficiale della Marina militare fu in realtà rapito da una potenza straniera interessata alle sue conoscenze senza pari sugli armamenti elettronici, come hanno dimostrato testimoni oculari del sequestro, più tantissimi altri elementi raccolti nel tempo dalla coraggiosa moglie Marisa e dal Comitato per la verità su Davide Cervia.

E non è certo un caso che poche settimane dopo la sua scomparsa, scoppiava la Guerra del Golfo del 1991, primo vero conflitto tecnologico dal Dopoguerra.

Il libro di Maimone rimette insieme cronologicamente il lungo calvario attraversato dai familiari di Cervia, tra ritardi della burocrazia, lassismi della magistratura, negligenze da parte delle istituzioni. E depistaggi, superficialità investigative, malafede. Perfino minacce, intimidazioni di ogni tipo, pressioni psicologiche sulla famiglia affinché smettesse di dannarsi per cercare la verità. Impressionante la descrizione della notte in cui il cellulare di Marisa Cervia squillò all’improvviso e all’altro capo la donna poté ascoltare per qualche istante la voce del marito, impegnato in una conversazione in lingua straniera con altri colleghi: un segnale per farle capire che era ancora vivo?

Da trent’anni la famiglia attende ancora di sapere che fine ha fatto davvero il suo Davide. E non possono bastare la sentenza di condanna dello Stato per violazione del diritto alla verità ottenuta al termine di un processo civile durato sei anni («In questo processo l’Avvocatura dello Stato ha dato la peggiore rappresentazione possibile delle Istituzioni», racconta amareggiata nel libro l'avvocato Licia D'Amico). Né il risarcimento simbolico (un euro) che un anno e mezzo fa lo stesso ministro della Difesa consegnò nella mani di Marisa Cervia («lo accettammo solo perché volevamo fosse chiaro il nostro obiettivo: non il denaro, ma il riconoscimento del diritto alla verità che ci era stato negato dallo Stato», spiega la moglie dell’ex sottufficiale).

I figli sono cresciuti senza un padre e con la paura addosso: «Mi piace molto l’atmosfera che si respira nel periodo di Natale, eppure non sono mai riuscito a viverlo come avrei voluto. Senza mio padre mi manca un pezzo fondamentale per passarlo nel modo che vorrei. Faresti mai l’albero di Natale fermandoti a metà? Ecco, io il Natale lo vivo così: a metà», spiega nel libro Daniele Cervia.

Sua sorella Erika ha vissuto in prima persona il terrore di un attentato intimidatorio nel giardino di casa, su cui le forze dell’ordine non hanno mai voluto indagare fino in fondo: «Ho ancora nelle orecchie quel botto. Fu fortissimo. In un primo momento, nemmeno realizzai bene cosa stava succedendo: vidi soltanto un enorme pezzo di ferro volarmi subito dietro le spalle, sfiorandomi la testa. Mi resi conto che era la cornice della finestra del cucinotto strappata via dalla parete solo quando vidi finire la sua corsa contro il lunotto dell’auto di mio nonno, parcheggiata dieci metri più in là. Ricordo ancora la sensazione di quei mille frammenti di vetro che mi piovvero addosso, il terrore per lo scampato pericolo, l’incredulità», racconta nel libro di Maimone.

La moglie Marisa non spera più nell’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla vicenda del suo Davide: «Il Presidente Conte, lo stesso che si presentò alla gente dicendo che voleva essere “l’avvocato del popolo”, non ha ritenuto opportuno farsi carico di Davide Cervia, come invece è stato fatto per esempio per Giulio Regeni o Stefano Cucchi», rivela amareggiata.

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