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Ascolti Tv: Talk politici battuti dalle telenovelas. Contano ancora qualcosa?

E se avesse avuto ragione Matteo Renzi? Nel 2015, durante il suo governo, l'allora premier dem tuonò che i talk show principali del martedì sera (all'epoca Ballarò condotto da Massimo Giannini su Rai3 e DiMartedì con Giovanni Floris padrone di casa su La7) facevano meno ascolti della centosettesima replica di Rambo.

Quattro anni più tardi, DiMartedì e #CartaBianca su Rai3, questa volta condotto da Bianca Berlinguer (Giannini si è "riciclato" come prezzemolino nei programmi altrui), soccombono alle telenovelas di Rete4. E non sono gli unici casi di share ben al di sotto delle due cifre. Per trovare programmi di approfondimento politico con ascolti superiori al 10% tocca rivolgersi a Porta a Porta di Bruno Vespa in seconda serata, ma dipende soprattutto dagli ospiti. Con Matteo Salvini, Vespa ha sbancato diverse volte, con Alessandro Di Battista, per citare un solo nome, ha fatto flop. 

Salvini è un po' il jolly della situazione, invitato per dare una spinta alla performance Auditel, stratagemma riuscito nel caso di Quarta Repubblica condotto da Nicola Porro su Rete4, programma che tuttavia - senza Salvini - torna alla media del 4,5% circa. E spesso neanche il deus ex machina leader del Carroccio riesce a fare miracoli. Vedremo questa sera con il nuovo programma di Paolo Del Debbio in prime time su Rete4, Dritto e Rovescio, se la presenza del vicepremier leghista riuscirà a battere Piazza Pulita, altro programma di prima serata che si aggira sul 6% circa e non oltre.

Meglio va a Lilli Gruber con Otto e mezzo, che si classifica terzo programma più visto in access prime time dopo I Soliti Ignoti su Rai1 e Striscia La Notizia su Canale 5. Pur doppiando il rivale Stasera Italia condotto da Barbara Palombelli su Rete4, che si assesta su una media del 4% circa, nel caso di Lilli parliamo sempre dell'8% al massimo. Un faro, senz'altro, per orientarsi nel pelago agitato della situazione politico-istituzionale... ma un faro se confrontato alle candeline tremolanti dei programmi dei suoi colleghi.

Insomma, che avesse ragione Renzi e, in fondo, i talk politici non siano poi così determinanti nella formazione dell'opinione pubblica e del consenso nel Paese? Siamo sicuri che quel poco più di un milione di spettatori che martedì sera ha guardato DiMartedì o CartaBianca in prima serata sia poi così cruciale per la fortuna o disgrazia di questo o quel partito alle urne o per la popolarità di un governo o di un leader? 

Nel 2009, Annozero condotto da Michele Santoro veleggiava sul 20% di share e conquistava oltre quattro milioni di spettatori, rivaleggiando con la fiction campione di ascolti Don Matteo. Ora i talk più gettonati devono ringraziare a profusione il Cielo se fanno la metà degli ascolti. Ovviamente, bisogna anche contare le cosiddette "medie di rete", ma queste ultime non invalidano l'analisi su quanto davvero contino questi talk, se per l'appunto essi vanno in onda su canali le cui medie di rete (e aspettative) sono, al massimo, pari al 5%. 

Sarà per questo che, nei momenti più cruciali, i leader di qualsivoglia schieramento (da Gentiloni a Di Maio, da Salvini a Berlusconi, da Meloni a Zingaretti) scelgono di presenziare nei programmi di Barbara D'Urso, Pomeriggio Cinque e Domenica Live, anziché nei programmi che dovrebbero essere preposti per natura e per scopo alla diffusione del pensiero politico-istituzionale? E non sarà che, in fondo, i programmoni politici, costellati dalla solita decina di ospiti che saltabecca da un salotto all'altro ripetendo sempre le stesse frasi e ribadendo sempre le stesse analisi, arrovellate su se stesse come una vite cieca senza trovare fine, e i loro relativi conduttori siano ormai alquanto sopravvalutati? E non saranno, ancor peggio, arrivati all'epilogo del loro scopo e all'esaurimento della loro ragione d'essere? 

 

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