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Il Salone del libro di Torino è a caccia di un nuovo direttore: il totonomi

Il Salone del libro di Torino è a caccia di un nuovo direttore. Ecco i possibili candidati

È sotto i riflettori la nomina del prossimo direttore del Salone del Libro di Torino, che affiancherà fino a maggio Nicola Lagioia e dopo lo sostituirà, rimanendo in carica dal 2024 al '26. Come scrive Il Giornale 'è una partita da cui la destra è esclusa. Il ministro Gennaro Sangiuliano, peraltro appena arrivato, non ha potere nella nomina e molto correttamente non interviene'. Come scrive Il Giornale, il Salone dal 1998 al 2016 è stato diretto da Ernesto Ferrero, poi nel 2017 fu scelto, con nomina diretta, lo scrittore Nicola Lagioia.

Ora invece per dare una parvenza di trasparenza si è indetta una manifestazione di interesse e nominato un Comitato direttivo che sceglierà fra le candidature arrivate (una cinquantina quelle significative). Adesso fate attenzione. Il Comitato è composto da sette persone: il coordinatore Giulio Biino, che è anche presidente della Fondazione Circolo dei lettori, in prima fila nell'organizzazione del programma del Salone; Marco Pautasso, segretario Generale del Salone del Libro; Vittoria Poggio, assessore alla Cultura della Regione, in quota Lega; Rosanna Purchia, assessore alla Cultura del Comune di Torino, molto vicina a Franceschini; e, con tre votanti, l'associazione Torino Città del Libro (cioè i proprietari del marchio, quelli che nel recente passato hanno salvato il Salone dal fallimento). La prima riunione del direttivo è stata la scorsa settimana, ed è servita ad annusare le varie posizioni (per la nomina servono sei voti su sette). L'11 gennaio ci sarà l'appuntamento chiave, per decidere. I candidati veri sono sette, tutti ascrivibili all'area di sinistra. Se fosse un congresso per decidere il Segretario si parlerebbe di correnti; qui di sfumature, ma cambia poco. Vediamo i nomi.

Considerato favorito, c'è Paolo Giordano, scrittore e premio Strega, come Lagioia; ma è un fisico, non un letterato. È torinese, e la cosa conta parecchio. Non ha mai organizzato nulla, neppure una presentazione in libreria, ma la cosa non preoccupa nessuno. Gli ultimi due pezzi che ha scritto sono anti Salvini e anti Meloni, quindi perfetto per Torino.

E soprattutto è un nome pop, commerciale (motivo per cui piace molto all'associazione Torino Città del Libro, cioè i privati, che sono quelli che rischiano di più) e poi essendo firma nobile del Corriere della sera e della Lettura, trasformerebbe i giornali di via Solferino, più di quanto già non siano, nell'house organ del Salone, che ha già alle proprie dipendenze Repubblica grazie al comune orientamento a sinistra, e la Stampa, che per tradizione e per torinesità da sempre spinge la kermesse come ufficio stampa ombra, accanto a quello ufficiale della manifestazione. E poi Giordano, espressione più fedele della linea Saviano-Einaudi-Fazio, piace alle professoresse democratiche col cerchietto e le scarpe basse che affollano il Salone.

Poi c'è Elena Loewenthal (invisa alla Città del Libro): già consigliere regionale di +Europa, è la direttrice del Circolo dei Lettori, il cui presidente, Giulio Biino, è il coordinatore del Comitato che sceglierà il direttore del Salone. Tutto in famiglia, insomma. Ma non è neppure questo. Da giorni a Torino molti si chiedono, ma nessuno lo scrive, se è opportuno che la Loewenthal si sia candidata in qualità di direttrice di un ente che riceve da Città e Regione finanziamenti che sono utilizzati per la gestione della programmazione del Salone del Libro.

Inoltre c'è Gianni Oliva: torinese, storico, intellettuale di sinistra duro e puro, già consigliere comunale nelle fila del Pci a Coazze e a Giaveno e poi assessore in Provincia e in Regione nelle fila del Pd. Ottima persona. Ma mettere Oliva alla guida del Salone è come candidare Giachetti a Roma. Zero standing e appeal solo presso il funzionariato Pd regionale.

Quindi tre outsider. Bruno Ventavoli, responsabile di Tuttolibri (persona dal carattere difficile ma troppo colta per dirigere il Salone, e ovviamente non ce la farà); Oliviero Ponte di Pino (l'uomo del successo di Bookcity a Milano, ma la domanda è: visto che tempo fa si tentò, senza riuscirci, di portare il Salone di Torino a Milano, non è che così si vuole portare direttamente Milano a Torino?), e Loredana Lipperini: giro Repubblica-Murgia-Radio3, anche se forse mettere a capo del Lingotto una che difende ancora con orgoglio il terrorista, criminale e scrittore Cesare Battisti è troppo anche per Torino.

Resta Giuseppe Culicchia, scrittore, torinese, da anni dentro il Salone, di cui conosce benissimo i meccanismi, l'ala più moderata della sinistra intelligente, lontano da fanatismi che in un vicino passato, fra programmi a senso unico e espulsione di editori non graditi, hanno percorso il Salone; uno che anni fa non ebbe paura di invitare- fra i mugugni di tanti salottieri - l'allora ministro della Gioventù, Giorgia Meloni. Ma l'equilibrio, si sa, da quelle parti non è una virtù.

 

 

 



 

 



 

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