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Le nostre tutele in Rete e la responsabilità dei media. Parla Razzante

di Redazione Mediatech

Intervista a Ruben Razzante, studioso e docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

“I (SOCIAL) MEDIA CHE VORREI", intervista a Razzante

Esaurito nelle librerie, è in ristampa “I (SOCIAL) MEDIA CHE VORREI. Innovazione tecnologica, igiene digitale, tutela dei diritti” (FrancoAngeli Editore), il nuovo libro curato dal professor Ruben Razzante, studioso e docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Una raccolta di saggi che vuole essere un utile contributo al dibattito pubblico su temi quanto mai decisivi per il progresso della cultura digitale. Il nuovo volume ospita riflessioni incentrate sul ruolo che le regole, i principi, le competenze, le professionalità, gli asset strategici e le buone pratiche possono avere nella costruzione di una democrazia digitale inclusiva, rispettosa dei valori della persona e imperniata su un corretto e maturo rapporto tra uomini e tecnologie. Informare correttamente su queste tematiche affrontate nei vari contributi raccolti in questo volume diventa oggi cruciale per l’esercizio di tutti i diritti di cittadinanza digitale.

Abbiamo intervistato il professor Ruben Razzante per mettere in luce l'importanza di questi argomenti nell'era digitale e per fornire al pubblico un'opportunità per comprendere meglio il ruolo delle regole, dei principi, delle competenze e delle buone pratiche nella costruzione di una democrazia digitale inclusiva e rispettosa dei valori umani. Inoltre, l'intervista si concentra sulla disinformazione sui social media e online, un tema al centro dell'attenzione in questi giorni.

locandina 6.10
 

Professor Razzante, nei giorni scorsi sono stati pubblicati i Report delle grandi piattaforme che aderiscono al Codice Ue di buone pratiche sulla disinformazione. Lei ha fatto parte della Task force anti-fake news del Governo italiano durante il Covid ed è un profondo conoscitore del fenomeno. Che significato hanno quei dati?

Sicuramente i dati diffusi dopo la prima pubblicazione semestrale dei rapporti delle grandi piattaforme online (Google, Meta, Microsoft, TikTok) parlano chiaro: la disinformazione resta uno dei maggiori rischi nello spazio democratico informativo europeo, ma soprattutto italiano.

Il fenomeno può essere affrontato e ridotto, ma la sua completa eliminazione potrebbe essere difficile da ottenere. Si può puntare a mitigare l'impatto delle fake news, ma occorrono sforzi costanti e prolungati, una combinazione di apporti e una molteplicità di approcci. Inoltre, limitare la diffusione delle fake news deve essere fatto senza compromettere la libertà di espressione e il libero accesso alle informazioni. Dobbiamo puntare a ridurre significativamente l’incidenza e l’impatto delle fake news con l’adozione di misure preventive e correttive. Un impegno continuo da parte di individui, organizzazioni, governi e piattaforme digitali può contribuire a limitarne l’impatto e a promuovere una cultura dell’informazione più responsabile e accurata.

In che modo il giornalismo tradizionale si è adattato all'era dei social media e quali sono le principali sfide che i giornalisti devono affrontare per combattere la disinformazione e mantenere l'accuratezza delle notizie?

Le trasformazioni in atto nel campo del giornalismo, del diritto all'informazione di qualità e dell'etica giornalistica sono profonde e influenzate da diverse tendenze. Sicuramente la digitalizzazione ha rivoluzionato il giornalismo, rendendo più accessibile l'informazione, ma allo stesso tempo essa ha introdotto sfide come la proliferazione delle fake news. Il diritto all'informazione di qualità si scontra con la sovrabbondanza di contenuti online. Internet, infatti, ha reso possibile per i cittadini accedere direttamente alle fonti di informazione, riducendo la dipendenza dai media tradizionali.

In questo contesto, l'importanza dell'informazione di qualità diventa evidente e possiamo certamente affermare che i social media non possono sostituire il giornalismo di qualità quando si tratta di notizie vere e accurate. Inoltre, è fondamentale tenere a mente che spesso queste piattaforme sono un terreno fertile per la divulgazione di informazioni errate e fuorvianti, spesso alimentate da clickbait e sensazionalismo.

In contrasto con i social media, il giornalismo tradizionale è guidato da norme etiche rigorose e dall'impegno a cercare la verità. Le redazioni impiegano giornalisti professionisti che seguono procedure di verifica delle fonti e fanno riferimento a fonti autorevoli. Le notizie prodotte dai media tradizionali sono sottoposte a un processo editoriale che garantisce un alto grado di accuratezza. È essenziale che le persone esercitino un discernimento critico quando consumano informazioni online e si affidino a fonti attendibili per rimanere informate.

Locandina 16.10
 

Professore, nei prossimi giorni a Milano sono previste due presentazioni del volume 'I (social) media che vorrei' (Franco Angeli Editore). Ci potrebbe parlare degli eventi e spiegarci come sono i social media che vorrebbe lei? Nel libro pubblica un saggio sul decalogo dei suoi desideri.

Si il 6 ottobre presenterò il mio libro durante uno dei numerosi eventi della Milano Digital Week di quest'anno. Un’opportunità per riflettere sul rapporto tra innovazione e diritto, una relazione che presenta sfide molto importanti per il presente e per il futuro. Poi il 16 ottobre presenterò il libro anche a Palazzo Cusani. Per l’occasione si terrà un dibattito sul tema “Tutela della persona in Rete e responsabilità dei media”.

Come sono i social media che vorrei? Dipende anzitutto da come vengono utilizzati e gestiti. Nel mio “decalogo” dei (social) media che vorrei intendo offrire un contributo all’accensione della luce nella caverna digitale, all’individuazione degli interruttori che possono guidare Stati, organizzazioni, imprese, famiglie, cittadini all’utilizzo sapiente degli strumenti digitali, mettendoli al servizio della crescita individuale e comunitaria. Si tratta di dieci priorità che tutti gli utenti dei social media, dai soggetti istituzionali al mondo imprenditoriale, dai singoli alle collettività organizzate, sono chiamati a perseguire per realizzare nell’arena di internet i valori profondi della democrazia e per raggiungere nuovi equilibri tra libertà e responsabilità.