C'eravamo tanto amati: Publicis-Omnicom, ipotesi Opa
La fusione tra Publicis e Omnicom non si farà, ma la nascita di un mega-gruppo dell'advertising non è del tutto abortita. Ma stavolta non ci sarebbe nessuna stretta di mano: Publicis potrebbe giocare la carta dell'Opa. Gli intoppi burocratici sono stati solo la ragione ufficiale dello stop all'operazione. Hanno pesato di più gli screzi tra Maurice Lévy e John Wren. Ecco perché un'offerta ostile potrebbe essere la soluzione.
Per ora i diretti protagonisti non confermano. A essere certo della fattibilità dell'operazione sono gli analisti di Natixis. Dalla parte di Levy c'è innanzitutto la salidità del gruppo. Publicis non ha praticamente debiti e, se decidesse di completare la vendita di alcune attività periferiche, potrebbe già avere a disposizione 2 miliardi freschi da investire. Gli analisti hanno definito la manovra "sorprendente" ma "fattibile sia dal punto di vista giuridico che finanziario". Levy non è nuovo a tentativi di questo tipo, come dimostra l'offerta da 570 milioni di dollari avanzata per True North Communications nel 1997.
Non a caso, nota Natixis, Publicis è parso sin dall'inizio il vero promotore di una operazione solo in teoria tra pari. Venuta meno la fusione, ecco che Levy potrebbe raggiungere comunque il suo obiettivo, conquistando la rivale e sciogliendo i nodi che hanno fermato il matrimonio, a cominciare dalla scelta del Cfo.
Il problema è il costo. Omnicom ha una capitalizzazione di 17,6 miliardi di dollari. Ipotizzando un premio del 20%, Publicis dovrebbe una cifra vicina ai 21 miliardi di dollari. Il quadro ipotizzato da Natixis e ripreso da adweek.com prevede un'offerta coperta per il 40% in contanti e per il 60% in azioni.