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Rai, repulisti M5s-Pd: Marcello Foa "morto che cammina" verso l'addio

Incredibile che sia trascorso un solo anno o poco più da quando, sospinto dall'ala sovranista e solcando il vento giallo-verde che soffiava nel Paese e nel suo speculare mondo radiotelevisivo, la Rai, Marcello Foa diventava Presidente del Servizio Pubblico. Fra mille polemiche, certo, ma tant'è. 

Oggi, qualche mese più tardi, con il vento di cui sopra trasformatosi dalla sera alla mattina in uno tsunami giallo-rosso smanioso di cancellare ogni traccia del "salvinismo" a Viale Mazzini, il buon Foa è un dead man walking, un "morto che cammina" (metaforicamente, com'è ovvio: la stazza imponente, gli occhi vispi e il sorriso smagliante non l'hanno certo abbandonato, lui, da sempre ritratto di una florida e vigorosa salute).

Gravato dalla controversia legata alla sua doppia poltrona (nel luglio scorso ha rinunciato dopo molti tiramolla alla guida di RaiCom) e dal costante fiato sul collo del Cato Maior della Vigilanza, ovvero l'onorevole dem Michele Anzaldi, il più agguerrito avversario del Presidente Rai fin dai tempi della  suddetta questione RaiCom, Foa vede tutt'attorno a sé un clima radicalmente mutato, con i grillini soprattutto - l'anno scorso suoi  entusiasti alleati - desiderosi di spazzare via al più presto (come polvere sotto il tappeto) i loro rapporti con la Lega e gettarsi a capofitto nell'abbraccio (mortale?) con il Pd. Pd nuovamente governato dietro le quinte da Matteo Renzi che, più esperto di questioni Rai rispetto ai pentastellati e ai leghisti (entrambi del tutto sprovveduti al riguardo, tanto da commettere parecchi errori controproducenti a favore dei dem), è fortemente intenzionato a riprendere possesso della Rai. 

E la Presidenza - assieme alla direzione di Rai1 - è la poltrona più ambita da riconquistare. Intendiamoci, rispetto a quella di direttore della Prima Rete, la carica di Presidente è perlopiù simbolica, ma la defenestrazione di Foa rappresenterebbe più che altro un segno, un'allegoria marziale, il fare scempio di una bandiera (verde) in campo nemico per piantarvi la propria (rossa). Più che un uomo forte da rovesciare, Foa è un emblema, un'idea. E non serve scomodare le dotte elucubrazioni di Inception o le ben più autorevoli dissertazioni di Platone per sottolineare quanto possa essere potente un'idea. 

Foa è più di ogni altro l'incarnazione fisica di quell'atmosfera di "cambiamento" sovranista-populista che ha aleggiato per un attimo di tempo e in un punto di spazio alla Rai, e come tale dev'essere abbattuto. Intelligente e accorto, l'ex firma di punta del Giornale ha capito da tempo la malaparata, e si sta già muovendo per lasciare onorevolmente la Presidenza, magari ottenendo un prestigioso posto nel CdA Rai.

Intanto, come sulle liste nere dei killer, sul carnet dei personaggi da eliminare e da cancellare con il pennarello rosso del repulisti dem, al secondo posto direttamente sotto Foa c'è Teresa De Santis, nel mirino per i bassi ascolti di Rai1 che potrebbero essere i capi d'imputazione più forti per allontanarla o, più delicatamente, per indurla a rinunciare sua sponte alla poltrona di direttrice dell'Ammiraglia. 

In Rai, come lancette di un funesto orologio, gli avvoltoi - leggi coloro che ambiscono a soppiantare Foa e De Santis, pur negando risolutamente la loro smodata ambizione in pubblico - volano in cerchio in attesa di ghermire le due prede e morderle alla giugulare. Nemici dichiarati (tanti), ma anche ex amici e finti sodali e alleati voltano loro le spalle, li attaccano nell'intimità delle private stanze, gioiscono delle loro difficoltà, raccolgono materiale per accelerarne la partenza. E mentre a Viale Mazzini si bisbiglia una sentenza inesorabile: "Prima Foa, poi la De Santis", l'unica incognita restano i tempi di attuazione di questo, sempre più tinto di rosso, proposito. 

 

 

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