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Medicina
Infermieri eroi? Anche dopo il Covid, vengono sottopagati e sono troppo pochi

Il rapporto OCSE fotografa una realtà pesante: servirebbero più infermieri, ma è difficile trovarli perché guadagnano poco e lavorano molto

OCSE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) pubblica il rapporto Health at a Glance 2021, dal quale emerge un quadro critico riguardante gli infermieri. Giustamente acclamati come eroi per lo straordinario contributo offerto durante la pandemia di Covid, ancora oggi sono penalizzati dalle condizioni di lavoro: guadagnano poco, sono sottoposti a forte stress e hanno scarse possibilità di carriera. Non solo: l’Italia, primo Paese europeo ad essere investito dalla pandemia, è quartultimo tra i Paesi OCSE per posti a disposizione negli atenei, peggio di noi solo Messico, Colombia e Lussemburgo (ma qui gli infermieri sono il doppio di quelli italiani e guadagnano 2 volte e mezzo in più!).

In Italia solo 6,2 infermieri ogni mille abitanti

L’Italia è migliorata solo di poco rispetto agli anni precedenti: ora ha 6,2 infermieri ogni mille abitanti (+0,3), ma la media OCSE è di 8,8 e ci sono Paesi che vanno molto oltre questo rapporto: ad esempio sono 18 ogni mille abitanti in Svizzera e Norvegia, circa 13 in Germania, più di 11 in Francia e così via nei maggiori partner OCSE). Gli infermieri sono più numerosi dei medici nella maggior parte dell’OCSE. In media, ci sono poco meno di tre infermieri per ogni medico (secondo gli standard internazionali). Il rapporto di infermieri per medico varia da circa un infermiere per medico in Colombia, Cile, Costa Rica, Messico e Turchia (ma l’Italia è a 1,5) a più di quattro in Giappone, Finlandia, Stati Uniti e Svizzera.

Gli stipendi degli infermieri italiani sono sotto la media


Nella maggior parte dei Paesi, la crescita numerica di infermieri è stata trainata dal crescente numero di laureati in infermieristica. Le nazioni che ne hanno di più, li hanno reclutati e formati con una serie di misure per attirare più studenti nella formazione universitaria e trattenere più infermieri nella professione, migliorando le loro condizioni di lavoro, economiche, di posizione e carriera. Health at a Glance 2021 fa anche il raffronto delle retribuzioni degli infermieri e peggio dell’Italia nella classifica dei guadagni vanno solo altre dieci nazioni sui 35 Paesi OCSE. OCSE che comunque registra una media di retribuzioni in dollari Usa a parità di potere di acquisto di oltre 48mila l’anno, mentre gli infermieri italiani sono sotto questa media di circa 10mila e ci sono comunque 16 paesi tra cui quasi tutti i maggiori partner europei e internazionali (il 46% di quelli OCSE) dove le cifre annuali superano quelle della media, superando anche i 100mila dollari/anno.

 

FNOPI: in Italia mancano 63mila infermieri
 


“La ricetta dell’OCSE prima e durante la pandemia è quella che ormai da tempo ha la nostra Federazione: servono più infermieri, più formazione, specializzazioni e possibilità di carriera, retribuzioni all’altezza del tipo di lavoro richiesto”, commenta Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI). “In questo senso è necessario che l’operazione sia impostata su basi solide, non di facciata, lasciando spazio poi a gerarchie ormai vecchie di anni. Basi che soprattutto mettano il professionista giusto al posto giusto e considerino obsolete, inutili e dannose scelte legate a vecchi stereotipi che ormai anche a livello internazionale, come dimostra anche l’OCSE, sono rifiutati. Sia negli ospedali che sul territorio serve una corretta e misurata politica del personale in funzione delle vere esigenze, della sua formazione, della specializzazione (e non solo dei medici) e soprattutto dello sviluppo di meccanismi già sperimentati in molte Regioni con risultati positivi replicabili sul territorio nazionale. La nostra professione è una risorsa sulla quale il ministero della Salute e le Regioni possono e devono contare in un’ottica di maggior efficacia ed efficienza del sistema. Per questo la FNOPI, che rappresenta gli oltre 456mila infermieri presenti in Italia (ma ne mancano almeno 63mila), è disponibile a dibattere e concordare seriamente e realmente, anche con altre professioni, come organizzare i servizi a domicilio, sul territorio e in ospedale secondo canoni che privilegino l’appropriatezza, la tempestività e l’immediatezza delle prestazioni. Governo, Regioni e Istituzioni ascoltino le esigenze e seguano almeno le ricette portate avanti anche a livello internazionale”.
 

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