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Medicina
Variante inglese, Pregliasco: "Il Covid-19 ha avuto 12mila variazioni"

"Il Coronavirus in questo periodo è andato incontro a 12mila variazioni. Un piano B potrebbe prevedere una veloce modifica del vaccino. Possibile già da tempo una diffusione in Italia. I tamponi possono identificarlo". Così ha detto il Prof. Fabrizio Pregliasco, Virologo e Direttore Sanitario IRCCS Galeazzi di Milano, nel corso del programma “Genetica Oggi”, in onda su Radio Cusano Campus.

"I dati ad oggi - ha aggiunto Pregliasco - anche se sono da migliorare in termini di approfondimento, ci dicono che questa variante del virus ha una capacità di diffusione molto superiore rispetto al virus che si era diffuso in Italia e in Europa. La malattia sembrerebbe uguale, dunque non va a peggiorare le caratteristiche cliniche. Gli attuali test, i tamponi, che normalmente utilizziamo sono in grado di riconoscere questa variante e i primi riscontri ci dicono che il vaccino può funzionare anche in questa variante. E' chiaro che tutto questo è riferito ad alcuni studi interessanti che sono stati pubblicati e abbiamo avuto modo di leggere, ma vanno validati dalla ricerca. Tutto questo non fa altro che ricordarci di rispettare le norme di prevenzione per ridurre la diffusione della variante. Facendo qualche ulteriore esame scopriremo che alcuni pazienti in Italia hanno avuto questa variante del virus."

"Questa variante ha solo una piccola variazione nella struttura che non determina un problema per il vaccino e gli anticorpi che è in grado di far produrre. Una variazione che non lo rende irriconoscibile al nostro sistema immunitario. Vedremo poi cosa farà negli studi in vitro, comunque come piano B i vaccini della Pfizer e Moderna possono comunque prevedere una rapida modifica per renderli ancora più efficaci."

"Il virus in questo periodo è andato incontro a 12mila variazioni minimali nella sequenza genomica. 12 ceppi caratterizzati, è un classico dei virus a RNA che è molto diverso rispetto ad altri virus come il Morbillo che è sempre rimasto molto stabile fin dagli anni '60 dei primi isolamenti. Questo virus sperimenta delle varianti che se sono inefficaci spariscono, se, come in questo caso, gli danno un vantaggio allora diventano prevalenti."

Alla ricerca di nuovi strumenti per arginare la diffusione dei contagi, è partita la prima sperimentazione in Italia dei "cani anti-Covid". A metterla in campo è Italpol Vigilanza, società romana specializzata in vigilanza e sicurezza, che punta sulla capacità olfattiva degli animali per rintracciare la positività al Coronavirus, partendo dal sudore umano.

Studi di questo genere sonbo in corso in Francia, Finlandia, Svezia ed Emirati Arabi Uniti e si basano sul fatto che i cani possiedono oltre 300 milioni di recettori sensoriali  - a fronte dei 6 milioni dell'essere umano - e di un elevato numero di neuroni olfattori, che permettono di percepire una quantità straordinariamente ampia di sostanze organiche volatili, tra le quali anche i metaboliti derivati da infezioni virali come il Covid-19.

 

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