Milano
Branco violento a Milano, Bolzan: "Privi di responsabilità e pentimento. Rieducare? Serve un'altra narrativa di sé"
La psicologa e criminologa Flaminia Bolzan commenta ad Affaritaliani.it la violenta aggressione in Corso Como: "Spettacolarizzano il proprio ruolo criminale per sentirsi riconoscibili". L'intervista

Branco violento a Milano: il commento di Flaminia Bolzan
Branco violento a Milano, Bolzan: "Privi di responsabilità e pentimento. Rieducare? Serve un'altra narrativa di sé"
Il caso del 22enne aggredito in corso Como a Milano appare come l'esemplificazione di una crudeltà del tutto priva di senso. Ancor di più perchè gli aggressori, cinque giovanissimi di Monza, non hanno dato prova di alcun pentimento, pensando solo - una volta fermati - a concordare una versione comune dei fatti da raccontare alle autorità. "La prossima volta ci bardiamo meglio", scherzano in Questura non sapendo di essere intercettati. E pensando addirittura di pubblicare il loro fermo sui social. Abbiamo interpellato sulla inquietante vicenda Flaminia Bolzan, criminologa e psicologa. Che ad Affaritaliani.it Milano spiega: "Agire in branco porta deresponsabilizzazione. La loro esigenza di essere riconoscibili passa attraverso la spettacolarizzazione di un ruolo criminale. La rieducazione? Passa attraverso la possibilità di riscrivere una narrativa diversa di sé". L'intervista.
Cosa ne pensa di quello che appare come un totale scollamento dalla realtà dei ragazzi che hanno aggredito il 22enne a Milano?
Più che di “totale scollamento della realtà”, avendo letto quanto riportato dai media, mi sovviene maggiormente il tema della inconsapevolezza della gravità della loro azione e delle conseguenze anche sul piano giuridico. Il fatto di agire in branco favorisce un meccanismo psicologico per cui il peso della responsabilità per ciò che potrebbe accadere, anche l’atto criminale, si suddivide tra i partecipanti. Qui, infatti, da quanto ho letto, anche una volta appreso l’accaduto i ragazzi non hanno mostrato alcun pentimento.
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Il fatto che siano minorenni cosa comporta dal punto di vista criminologico?
Il fatto che alcuni di loro fossero minorenni implica una riflessione tanto per cominciare sul ruolo che hanno avuto nell’aggressione e poi una considerazione della loro “maturità” in senso psicologico. Purtroppo, l’esordio di alcune condotte violente avviene frequentemente durante l’adolescenza ed è pertanto importante osservare la eventuale presenza di fattori di rischio (psicologici e comportamentali) e intervenire tempestivamente per limitarne l’impatto.
Si può parlare di una sorta di spettacolarizzazione del crimine? Destano impressione i messaggi social degli aggressori.
Si, relativamente al fatto che sempre stando alle intercettazioni riportate dalla stampa, ho letto di uno dei ragazzi che avrebbe voluto fare una “storia”. Si spettacolarizza, quindi, più che il crimine il proprio ruolo di “criminale”. E questo mi colpisce perché fa riflettere su come sul piano psicologico si veda la necessità di sentirsi “riconosciuti” e “riconoscibili” circa l’aver agito un qualcosa che costituisce un’identità deviante.
Che tipo di conseguenze psicologiche può subire una giovane vittima dopo un'aggressione così brutale?
Anzitutto il rischio è quello di sviluppare un disturbo acuto o post traumatico da stress, perché un’aggressione di questo tipo comporta un trauma vero e proprio ed è quello che si può percepire nella minaccia alla propria integrità fisica. Inoltre, possono insorgere una serie di sintomi ed è importante per questo motivo che, oltre alle cure mediche, il ragazzo possa essere supportato sul piano psicologico per poter adeguatamente elaborare questa esperienza drammatica.
Quali percorsi rieducativi consiglierebbe per ragazzi così giovani? E cosa si può fare concretamente per prevenire episodi simili?
Dobbiamo fare molto per cercare di comprendere il significato psicologico di certe azioni, perché solo attraverso un lavoro di questo tipo possiamo pensare di poterle prevenire almeno in buona parte, intercettando tempestivamente segnali di disagio, difficoltà relazionali, di gestione emotiva e altro ancora. Rieducare passa attraverso un processo in cui si accompagna il soggetto verso una concreta presa di consapevolezza e soprattutto verso un’assunzione piena di responsabilità. Bisogna lavorare con questi ragazzi per dar loro la possibilità di riscrivere una narrativa diversa di sé stessi e degli altri.













