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Milano
Caso Eni-Congo, la richiesta della Procura Archiviazione per Descalzi e altri

Caso Eni-Congo, la richiesta della Procura Archiviazione per Descalzi e altri

La Procura di Milano ha chiesto l'archiviazione dell'indagine a carico di 8 persone sul caso Eni-Congo compreso il filone in cui l'ad della compagnia petrolifera italiana Claudio Descalzi risponde di omessa comunicazione di conflitto di interessi. Lo comunica con una nota il Procuratore Marcello Viola.

 La vicenda contestata a Descalzi "concerne gli affari intercorsi" tra Alexander Haly e la moglie dello stesso ad Marie Madeleine Ingoba

 La vicenda contestata a Descalzi "concerne gli affari intercorsi" tra Alexander Haly e la moglie dello stesso ad Marie Madeleine Ingoba. Tra le accuse ipotizzate agli altri indagati c'è la corruzione internazionale riqualificata in induzione indebita.

Eni-Congo: la ricostruzione dell'accusa

Secondo la ricostruzione dell'accusa, Roberto Casula, Alexander Haly e Maria Paduano avrebbero garantito a Denis Gokana, pubblico ufficiale della Repubblica del Congo in quanto presidente di Socie'te' nationale des pe'troles du Congo (Snpc) e successivamente Special advisor per gli affari del petrolio del presidente del Congo Denis Sassou Nguesso - "utilita' economiche" consistenti "nella cessione a societa' private congolesi", riconducibili Gokana, di "quote di permessi di sfruttamento petrolifero relative ad alcuni giacimenti", in cambio da parte del governo congolese della "concessione del rinnovo dei permessi medesimi e per l'attribuzione del 23% della licenza Marine XI a favore di World Natural Resources Limited (Wnr) da parte di Africa Oil & Gas Corporation (AOGC), societa' anch'essa riconducibile a Denis Gokana".

Le accuse sono cadute con la richiesta di archiviazione. In questo filone di indagine Eni, indagata per legge sulla responsabilita' amministrativa degli enti, ha patteggiato nella primavera 2021 concordando con la Procura di pagare una multa di 826 mila euro a cui si e' aggiunta una confisca di 11 milioni di euro. "L'accordo - precisava l'Eni il 18 marzo 2021 - non rappresenta un'ammissione di colpevolezza da parte della societa' rispetto al reato contestato ma un'iniziativa tesa a evitare la prosecuzione di un iter giudiziario che comporterebbe un nuovo e significativo dispendio di risorse per Eni e tutte le parti coinvolte. L'ipotesi conferma inoltre la tenuta dei sistemi di controllo anti-bribery della societa'".

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