Milano
Equalize, Pazzali ai pm: “Mai lavorato per i Servizi segreti italiani”
L’ex presidente di Fondazione Fiera Milano nega legami diretti tra l’agenzia investigativa e l’intelligence. I pm chiedono chiarimenti sui rapporti istituzionali e sul caso Roia

Enrico Pazzali
Pazzali nega legami tra Equalize e i Servizi segreti
"Che io sappia Equalize non ha mai fatto dei lavori per i Servizi segreti italiani". Così Enrico Pazzali, ex presidente di Fondazione Fiera Milano, ha messo a verbale davanti ai pm di Milano e della Direzione nazionale antimafia nel corso di un interrogatorio durato due giorni. L’ex manager è accusato di essere stato al vertice del presunto gruppo di cyber-spie che avrebbe condotto attività di dossieraggio illegale.
Rapporti istituzionali e nomi dell’intelligence
Nei verbali depositati emergono domande sui rapporti di Pazzali con esponenti delle istituzioni, delle forze dell’ordine e della magistratura. L’ex presidente di Fondazione Fiera ha ammesso di conoscere alcuni appartenenti ai Servizi segreti, di cui ha fatto i nomi, sostenendo tuttavia che l’intelligence fosse solo a conoscenza dell’esistenza di Equalize, senza averne mai commissionato incarichi.
Pazzali: “Calamucci è un bugiardo cronico”
Nel corso dell’interrogatorio, i magistrati hanno confrontato Pazzali con le dichiarazioni di due collaboratori, Gallo e Calamucci. L’ex manager ha definito quest’ultimo “un bugiardo cronico” e ha affermato di non aver mai chiesto a Gallo, considerato un collaboratore “fidato”, di effettuare accessi abusivi allo Sdi, come invece avrebbe fatto di propria iniziativa.
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Il curriculum inviato a Fabio Roia
Tra i punti toccati durante l’interrogatorio anche una chat del 2020 con Fabio Roia, oggi presidente del Tribunale di Milano. Pazzali ha spiegato di avergli inviato il curriculum di un candidato “per avere conferma che non ci fossero criticità”, in vista della nomina ad amministratore delegato di Fiera Milano. All’epoca, la società era in amministrazione giudiziaria e la Fondazione Fiera, guidata da Pazzali, era socio di maggioranza. Ogni nomina, ha ricordato l’ex presidente, doveva essere sottoposta a verifiche dell’autorità giudiziaria milanese attraverso le cosiddette “analisi reputazionali”.