Milano
Garlasco, tutte le verità dei Sempio. La madre di Andrea: “Lovati? Costava poco. Su Tizzoni ho mentito”
La madre di Andrea Sempio ritratta: "Mai visto Tizzoni passare le carte a mio figlio". E il padre minimizza i “pizzini” sequestrati: “Erano appunti presi dai giornali”. Lo zio conferma: “Diedi 5mila euro a mio fratello, ma non chiesi perché”

Giuseppe e Andrea Sempio
Caso Garlasco, emergono nuovi dettagli dai verbali degli interrogatori alla famiglia di Andrea Sempio, con dichiarazioni che gettano luce sui movimenti di denaro e le versioni contrastanti dei familiari del giovane, indagato per concorso nell’omicidio di Chiara Poggi. Daniela Ferrari ammette di aver mentito in tv e racconta di aver scelto l’avvocato Lovati “perché costava poco”, mentre il marito Giuseppe spiega che i “pizzini” trovati in casa erano semplici appunti letti sui giornali. Lo zio Patrizio conferma di aver consegnato 5mila euro “senza chiedere motivo”.
“Lovati costava poco”: la madre di Sempio spiega i conti e i prelievi
Nel suo verbale, Daniela Ferrari, madre di Andrea Sempio, spiega di aver scelto l’avvocato Massimo Lovati “perché ci è costato solo poche centinaia di euro, e così anche l’avvocato Taccia. Abbiamo coperto solo le spese vive per pagare diritti di cancelleria”.
Gli investigatori la incalzano: “Dal 11 gennaio 2017 al 26 gennaio 2017 ci sono uscite di denaro contante dai conti di suo marito e di suo figlio per tredicimila euro. A chi sono finiti quei soldi?”. “Sono finiti all’avvocato che abbiamo trovato noi”, risponde. “Si riferisce a Soldani? Possibile che in quindici giorni, ben tredicimila euro in contanti siano finiti nelle mani dell’avvocato Soldani?”. La donna replica secca: “Io so così”.
Le viene poi chiesto di chiarire un’intercettazione del febbraio 2017, in cui si parla di “quei signori lì” da pagare con una “formula” da trovare. Gli investigatori insistono: “Lei ci dice che è riferito al pagare gli avvocati. Ma voi dall’11 al 26 gennaio avevate già fatto prelievi per tredicimila euro in contanti, che oggi ci sta dicendo erano serviti per i legali. Dunque la ‘formula’ per gli avvocati ce l’avevate già. Allora, ci dice chi intendeva col pagare quei signori lì?”. Ferrari risponde: “Guardi. Non lo so, sono passati tanti anni, io non mi ricordo, chiedete a mio marito”.
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Gli inquirenti le fanno notare anche la modalità dei prelievi: “Non torna neanche la modalità con la quale sono stati prelevati i soldi in contanti. Perché coinvolgere terze persone?”. Lei ribatte: “Guardi, tutti quei soldi ci sono serviti per pagare gli avvocati. Sapevamo che poi alla fine gli avvocati ci avrebbero fatto le fatture, ma poi non le abbiamo mai chieste. Le mie cognate si sono offerte di aiutare Andrea. Erano molto ben messe finanziariamente, avevano molta disponibilità economica”.
“Ho mentito a Le Iene: mai visto Tizzoni passare carte”
Daniela Ferrari, sentita a verbale lo scorso 26 settembre nella caserma della Guardia di Finanza di Milano, ha poi ritrattato le accuse lanciate alla trasmissione “Le Iene” contro l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, difensore della famiglia Poggi. “Gli ho raccontato una balla (al giornalista Alessandro De Giuseppe). Io non ho mai visto Tizzoni passare carte a mio figlio, o a Lovati. Io a Tizzoni non l’ho mai incontrato”, dichiara la madre di Sempio, ammettendo di aver mentito in passato.
La madre di Sempio ha ricordato che la consulenza del generale Luciano Garofano, ex comandante del RIS, era stata commissionata dai loro legali a inizio 2017 e “escludeva sicuramente che il Dna trovato sotto le unghie di Chiara Poggi fosse del figlio”. Sia lei che il marito Giuseppe hanno spiegato di aver saputo già il 23 dicembre 2016 “dalla tv” che Andrea era indagato, perché “sotto le unghie era stato trovato il Dna”. “So che gli avvocati hanno preso le carte e che lo hanno assistito all’interrogatorio”, ha aggiunto Ferrari.
Al padre è stato chiesto anche conto dell’intercettazione in cui, secondo le nuove indagini, lui e il figlio sembravano conoscere le domande prima dell’interrogatorio. “Chi le ha detto quelle cose che avrebbero chiesto a suo figlio?”, chiedono gli inquirenti. “Non ricordo”, risponde Giuseppe Sempio.
Giuseppe Sempio: “I pizzini? Prendevo appunti dai giornali”
Intervenuto a “Quarto Grado”, Giuseppe Sempio ha quindi invece commentato i bigliettini trovati in casa, su cui gli inquirenti ipotizzano annotazioni legate a una presunta corruzione dell’allora pm Mario Venditti. “La storia dei 20-30 euro bisogna sfatarla un po’. Stanno mischiando tutte le cose. Se ci fosse stato scritto 20, 30, 40 o 200 mila euro… ma c’era scritto un’altra cifra. Riguardava qualcosa con gli avvocati, adesso non so se fosse quello che dicono loro, le marche da bollo o altre cose”.
Sull’appunto “Cosa succede se i Giarda presentano un’istanza di revisione a Brescia fatta bene?”, spiega: “Dato che non sapevo cosa potesse succedere, quella lì era una cosa da chiedere sicuramente agli avvocati”. Un altro pizzino recita: “Pensiero del papà, il soggetto ha un nome e un cognome per la legge italiana. Si chiama Sempi-Andrè”. “Secondo me quella roba lì l’ho tirata fuori da qualche giornale. Io, in casa, mi appuntavo qualche frase ma senza darci peso, insomma”, dice Sempio.
In un altro bigliettino, datato 4 febbraio 2016, si legge: “GIP Venditti, procuratore di Pavia. Se archivia l’indagine, dovrebbe mettere il nome del soggetto sull’archiviazione (Sempio Andrea). Così non può essere indagato per lo stesso motivo il Dna”. Giuseppe commenta: “Io GIP, GUP o quelle robe lì, ancora adesso non riesco a capire che mansione ha”.
Infine, su un’ulteriore annotazione – “L’accusa di Stasi verso i Sempio, perché sono loro che hanno fatto seguire mio figlio Andrea, accusandolo con il Dna; quindi non è una difesa ma un’accusa verso la mia famiglia” – replica: “Sono cose che io in casa mi appuntavo se leggevo qualche frase sul giornale”.
Lo zio di Sempio: “Diedi 5mila euro a mio fratello senza sapere perché”
Ascoltato anche Patrizio Sempio, fratello di Giuseppe, che ha confermato di aver consegnato un assegno da 5mila euro al fratello senza conoscere le ragioni della richiesta. “Mio fratello mi ha telefonato dicendomi di aver bisogno di un favore. Ha detto che doveva dare... no, che gli servivano 5mila euro e mi ha chiesto se potessi darglieli. Gli ho detto che avrei dovuto sentire la banca. Ho chiamato la banca, la persona che mi ha risposto mi ha detto che se avessi voluto avrei potuto prenderli. E così ho fatto, sono andato a prenderli e li ho dati a mio fratello”.
Quando gli inquirenti gli chiedono se si renda conto che è “poco credibile” non essersi interessato al motivo, risponde: “No, non mi interessa. Se posso, è mio fratello, lo faccio senza chiedere motivo”. Gli viene fatto notare che non si trattava di un prestito ma di un cambio assegno. “Ha ragione – ammette – ma se mi chiede il perché non so dirglielo”.
Le indagini proseguono, ma nessuno dei familiari di Sempio è indagato
Nessuno dei familiari di Andrea Sempio è indagato, ma le loro deposizioni sono considerate centrali per chiarire i flussi di denaro che la Procura di Pavia ritiene legati alla presunta corruzione dell’ex procuratore aggiunto Mario Venditti, che nel 2017 firmò l’archiviazione del fascicolo a carico di Sempio. Le indagini, ora a Brescia, puntano a ricostruire con precisione le somme versate, i contatti con i legali e il ruolo dei consulenti.