Blocco Euro 5 rinviato al 2026: errore politico ed economico evidente - Affaritaliani.it

Auto e Motori

Blocco Euro 5 rinviato al 2026: errore politico ed economico evidente

Il rinvio del blocco alle auto Euro 5 al 2026 crea confusione, frena gli investimenti e danneggia la transizione ecologica. Le conseguenze per l’Italia.

Redazione Motori

Il prolungamento al 2026 del blocco alla circolazione dei veicoli diesel Euro 5 nelle aree più inquinate del Paese, in particolare nel Nord Italia,

è stato salutato da alcuni come una misura di “buon senso”, utile per tutelare le fasce più deboli della popolazione. Ma a uno sguardo più ampio e meno elettoralista, si rivela un errore tanto politico quanto economico, che rischia di rallentare il percorso della transizione ecologica, danneggiare le imprese e compromettere la credibilità dell’Italia nei confronti dell’Europa.

La decisione è arrivata dopo mesi di pressioni da parte di alcune Regioni del Nord, che chiedevano una deroga all’applicazione delle direttive europee sulla qualità dell’aria. In particolare, il Piemonte – ma anche Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna – hanno invocato l’impossibilità per i cittadini di sostenere l’acquisto di un’auto nuova o recente, soprattutto in un contesto economico incerto. Il governo ha accolto la richiesta, congelando di fatto l'entrata in vigore delle misure più restrittive fino a ottobre 2026.

Ma a ben vedere, non è una vittoria del pragmatismo, bensì un passo falso su più fronti.

Una toppa che costa credibilità

L’Italia, con questa scelta, manda un segnale contraddittorio sia all’interno che all’esterno: da un lato si impegna pubblicamente nella transizione ecologica, dall’altro proroga una norma che avrebbe dovuto accompagnare proprio quel cambiamento. Bruxelles osserva con crescente irritazione questa continua richiesta di deroghe, che indebolisce l’intero impianto del Green Deal europeo. Il rischio non è solo reputazionale: potrebbero arrivare sanzioni o il blocco di parte dei fondi legati agli obiettivi ambientali del PNRR.

Un danno per il mercato auto (e per l’industria)

Il rinvio dell’entrata in vigore dei divieti all’Euro 5 disincentiva il rinnovo del parco circolante, che in Italia è tra i più vecchi d’Europa. Attualmente l’età media delle auto in circolazione supera gli 11 anni. Ritardare l’adozione di misure che spingano verso motorizzazioni più pulite significa mantenere su strada veicoli più inquinanti, ma anche bloccare la domanda di nuovi veicoli, ibridi o elettrici.

Un paradosso, se si considera che l’intero comparto automotive italiano – dalla distribuzione alla componentistica – attende segnali stabili e chiari per investire nel futuro. Al contrario, la proroga genera incertezza, frena gli investimenti e danneggia proprio quelle imprese che avrebbero più da guadagnare dalla transizione.

Una scelta che danneggia anche le famiglie

L’argomentazione più gettonata per giustificare il rinvio riguarda la tutela delle fasce meno abbienti, che non avrebbero la possibilità economica di cambiare auto. Ma qui si insinua un altro errore di prospettiva. Procrastinare l’adeguamento significa solo rimandare il problema, non risolverlo. Senza un piano strutturale di incentivi (vedi il leasing sociale in Francia) davvero inclusivo e costante nel tempo, le famiglie a basso reddito saranno penalizzate comunque, magari nel momento in cui le misure arriveranno tutte insieme e senza gradualità.

Inoltre, mantenere su strada auto Euro 5 in zone ad alta densità abitativa significa prolungare l’esposizione ai danni sanitari dell’inquinamento, con costi sociali (e sanitari) ben superiori a quelli sostenuti per un incentivo mirato.

L’effetto “Italia bloccata”

Il nodo politico è evidente: si evita l’impopolarità a breve termine, rinviando le scelte impopolari a dopo le elezioni regionali e quelle nazionalisuccessive. Ma questa logica di gestione elettorale, già vista in passato su molti altri fronti (dal Superbonus ai balneari), genera una percezione di instabilità sistemica. Chi deve pianificare un acquisto, un investimento o semplicemente una sostituzione, si ferma. Perché non sa più a che punto siamo delle regole, né quando entreranno effettivamente in vigore. È la paralisi dell’attesa.

Cosa servirebbe davvero

Più che bloccare i divieti, servirebbe una politica coerente e di lungo periodo. Incentivi stabili per l’acquisto di veicoli a basse emissioni, un piano di rottamazione pluriennale, incentivi anche sul mercato dell’usato recente e più risorse per il trasporto pubblico. Serve un quadro normativo certo, prevedibile, condiviso con le amministrazioni locali ma anche con le associazioni di categoria e le case automobilistiche.

Il prolungamento al 2026 del blocco per le Euro 5 non è solo un rinvio tecnico: è l’ennesimo segnale di una politica ambientale a zig zag, incapace di fare sistema tra giustizia sociale e sostenibilità. E alla fine, a pagare saranno tutti: l’ambiente, i cittadini e le imprese.