Il Cavaliere disarcionato
Di Alberto Maggi
C'era una volta un leader incontrastato. Quello che faceva cucù alla Merkel e che la chiamava 'culona inchiavabile'. Il capo indiscusso, capace di recuperare dieci punti in due mesi di campagna elettorale. Lui, Silvio, che aveva espulso Fini e soci poi scomparsi dalla scena politica. Ora il Cavaliere è stato disarcionato. Non controlla più il partito. La sua Forza Italia non è la casa comune dei moderati. La sua parola non è più il verbo. Prima Cicchitto, poi Quagliariello, Lorenzin e Lupi hanno detto 'no signore'. Poi perfino Alfano gli si è rivoltato contro. Berlusconi non detta più l'agenda politica. Con lui solo i falchi Santanchè, Verdini e Capezzone. E' la svolta. E' la fine di un'epoca politica durata vent'anni.
Le vicende del Palazzo dal 1994 sono ruotate intorno al Cav, che ha fatto il bello e il cattivo tempo. Ha portato la Lega al governo, poi ha rotto con il Carroccio e ha ricucito. Ha sdoganato la destra missina. Ha governato per circa tre lustri tanto che nei libri di storia verrà chiamato il ventennio berlusconiano. Ma adesso è tutto finito. Non tanto per la sentenza della Cassazione o per quella del Lodo Mondadori, ma perché i figli non riconoscono più il padre. "I figli sono cresciuti" dirà qualcuno, ma qualcun altro, a ragione, potrebbe obiettare che proprio loro, i figli, hanno fatto fortuna grazie al Cav. Hanno avuto un posto in Parlamento, un bello stipendio, una poltrona e una lauta pensione. Poi ciao ciao. Ma così va la politica. Così va il mondo. Questa volta Berlusconi è finito come il suo Balotelli: nervoso, troppo nervoso. Solo che per Silvio il cartellino rosso non vale tre giornate... rischia di essere a vita.