L'inutile e dannosa battaglia di Bersani
Di Alberto Maggi
@AlbertoMaggi74
In politica non contano le belle parole, magari condite da un po' di retorica spiccia e da strong opinion. In politica contano i numeri. E Pierluigi Bersani non ce li ha. E' inutile che insista con i suoi 8 punti e con la litania del programma per un governo di cambiamento. Doveva essere il premier, e in effetti lo è stato fino alla pubblicazione della prima proiezione di lunedì 25 febbraio. Poi non ha vinto. Non è riuscito a portare a termine una missione facile facile. Ha sbagliato il gol a porta vuota. Ora basta, non infligga al Paese il supplizio del suo rancore per aver mancato l'obiettivo.
Il Movimento Cinque Stelle non ci sta. Grillo e Casaleggio (e anche moltissimi neo-deputati e neo-senatori) lo hanno detto in tutte le lingue: niente fiducia a Bersani e al Pd. E allora cosa vuole l'uomo di Bettola? La poltrona a tutti i costi? A pensar male... Non sarebbe meglio accettare la sconfitta (anche se parziale) e farsi da parte? D'altronde Veltroni ce lo ha insegnato nel 2008 che ci si può anche dimettere. Probabilmente - come dicono i parlamentari democratici - si vuole tirare la corda per dimostrare agli italiani che l'irresponsabile è Grillo.
Queste alchimie politiche però non risolvono i problemi dei precari, dei disoccupati e degli imprenditori che chiudono le loro aziende. Berlusconi è impresentabile, dicono nel Pd. E non hanno certo torto. Ma se Bersani avesse l'umiltà di fare un passo indietro anche il Cav potrebbe mollare e favorire così un ricambio generazionale. L'unica cosa che sembra importare ai piddini, invece, è come recuperare i voti finiti all'M5S per poter conquistare qualche regione in più alle probabili nuove elezioni di luglio. Calcoli elettorali e bizantinismi politichesi. Così andiamo davvero a sbattere...