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Politica
Conte e Letta: accelerare sull'alleanza, per dar vita al nuovo centrosinistra

Nell'interessante intervista rilasciata al nostro Alberto Maggi, Matteo Salvini risponde in maniera esaustiva agli interrogativi suscitati dalla linea di una Lega “di lotta e di governo”, che contemporaneamente è parte integrante dell'esecutivo-Draghi eppure non ha remore nel contestarne i provvedimenti, strizzando l'occhio ai no-Vax e più in generale agli scontenti. 

Sull'altro versante di questo governo di unità nazionale, Enrico Letta si avvicina alle suppletive di Siena spostando il Pd a sinistra, attraverso l'annuncio di non voler cedere su due temi certamente divisivi come il Ddl Zan e lo Ius Soli. 

In entrambi i casi, stupisce lo stupore: il fatto che all'avvicinarsi della fine naturale della legislatura ci si affranchi dalla melassa di questo governo di unità nazionale con dentro (quasi) tutte le forze politiche dovrebbe essere pacifico e, anzi, democraticamente sano. Prima o poi ad elezioni si dovrà pure andare ed è quindi logico che la politica si riprenda i propri spazi, ridefinendo i rispettivi campi d'azione. 

Il quadro del centrodestra è piuttosto chiaro. Bene ha fatto Paolo Becchi a riconoscere i meriti di Salvini, che ha preso la Lega col 4% dei consensi e ne ha fatto il primo partito italiano, ma oggi il Carroccio sente sul collo il fiato di Fratelli d'Italia. Giorgia Meloni sta indubbiamente traendo vantaggio dalla scelta di collocarsi all'opposizione ed è per questo che Salvini ricorre ad equilibrismi strategici: da un lato deve tenere a bada l'ingombrante alleata/concorrente, ma dall'altro deve mantenere un profilo governista sollecitato dalle forze imprenditoriali del nord, che non può essere incarnato dal solo Giancarlo Giorgetti

La terza gamba della triade, Forza Italia, è la vera incognita. Silvio Berlusconi, che nella sua carriera ha ottenuto successi in vari campi, sicuramente non è stato altrettanto efficace nella ricerca di un suo successore. Forse perché non gli è mai interessato farlo. Però il tempo passa per tutti e già le prossime amministrative rappresentano un passaggio fondamentale, con la concreta possibilità che un risultato negativo dia la spinta decisiva affinché FDI e Lega facciano scouting nelle residue fila forziste.

Un po' più intricato è lo scenario del centrosinistra, nel quale il nuovo Movimento Cinque Stelle guidato da Giuseppe Conte ha intenzione di sbarcare, ma ha ancora diversi ostacoli da superare. Il timing delle elezioni non ha giocato a favore del neoleader, che in alcune città ha dovuto arrendersi di fronte a specificità locali che sono rimaste come eredità di una stagione precedente. A Milano, ad esempio, sostenere Beppe Sala già dal primo turno sarebbe stata una evidente forzatura, rispetto al vissuto nei rapporti cittadini tra M5S e centrosinistra. D'altra parte, proprio il Sindaco meneghino ha posto la questione dell'alleanza come un tema nazionale “ineludibile”, nel corso del suo intervento a “La Piazza”, la kermesse politica organizzata da affaritaliani.it.

Si stanno facendo molte speculazioni sulla possibile convergenza in caso di ballottaggio – posto che ci sia - ma con queste premesse il ragionamento sarebbe da aprire in ogni caso e a prescindere dal peso specifico del M5S sul risultato finale. L'orizzonte deve essere un po' più ampio e riguardare sia la prossima elezione del Presidente della Repubblica, sia le elezioni regionali lombarde del 2023. A porre questi due traguardi è stato lo stesso Sala nell'intervista al direttore Angelo Perrino, quindi l'agenda pare già delineata.

Il compimento dell'alleanza strutturale tra Pd e M5S è funzionale ad entrambe le forze in campo e non solo per la considerazione – ovvia quanto importante -  che si debbano sommare i voti per contendere le future vittorie al centrodestra. C'è anche un universo valoriale che, se la politica vuole tornare ad espletare il proprio ruolo, bisogna appunto delineare. Il M5S deve emanciparsi dal sogno un po' fanciullesco di poter essere sufficiente a se' stesso: dopo aver governato sia con la Lega che con i Dem, quella verginità è ormai perduta per sempre. E non è detto che sia un male: oggi il Movimento è nella situazione di chi, per vincere la partita, deve scegliere in che campo stare.

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