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Politica
Conte, strada in salita verso 161. Resta sotto? O torna Renzi o urne
(fonte Lapresse) 

161 è il numero magico sulla ruota di Palazzo Madama. L'appuntamento è fissato per martedì 19 gennaio, Roma, anno del Signore 2021. Attorno a quota 161, maggioranza assoluta dei componenti dell'aula del Senato si giocano ambizioni e paure politiche. Quelle del presidente del Consiglio e di molti parlamentari della maggioranza giallo-rossa di andare avanti o di andare a casa, e quelle dell'opposizione di Centrodestra, Matteo Salvini e Giorgia Meloni in testa, di correre (finalmente dal loro punto di vista) alle urne tra fine maggio e inizio giugno o di restare all'opposizione probabilmente fino al 2023.

Dopo l'annuncio di Matteo Renzi sull'astensione al prossimo voto di fiducia a Palazzo Madama, che seguirà le comunicazioni del premier, è scontato che l'esecutivo, formalmente ancora il Conte 2, avrà i numeri per andare avanti. Su questo non ci sono praticamente dubbi. Ma politicamente restare sotto l'asticella dei 161 sì a favore del governo, ipotesi che non si può al momento escludere, sarebbe un colpo pesantissimo.

Fonti del Partito Democratico vicine al ministro Dario Franceschini spiegano che "non c'è nessun problema, si va avanti anche con 140 voti, basta avere la maggioranza semplice". Fatto sta che altri nel Pd non la pensano allo stesso modo, tanto che il vicesegretario Andrea Orlando ha detto chiaramente che "è impossibile governare il Paese con un voto in più". Anche perché nella quotidianità della vita parlamentare, soprattutto nelle varie Commissioni, sarebbe una sorta di "Vietnam continuo" con la possibilità di "andare sotto a ogni votazione", spiegano altre fonti Dem.

Non solo, dal Movimento 5 Stelle addirittura si spingono ad affermare che "se non si arriva a 161 sì al Senato Conte sale al Quirinale si dimette e si riprova con Italia Viva (ecco i motivi dell'astensione e non del voto contrario dei renziani)". Ovviamente a quel punto non è affatto detto che il premier sia ancora Conte, perché i giochi si riaprirebbero guardando soprattutto in casa Pd ai ministri Franceschini o Guerini. I renziani, a microfoni rigorosamente spenti, sottolineano come il premier "dovrebbe" (condizionale d'obbligo) dimettersi qualora non venisse raggiunta la soglia della maggioranza assoluta dei componenti del Senato.

Ma se Italia Viva lo fa per rientrare dalla finestra, una volta uscita dalla porta con le dimissioni di Bellenova, Bonetti e Scalfarotto, lo stesso ragionamento in modo molto più netto lo fa anche il Centrodestra, Lega e Fratelli d'Italia in primis, per spingere verso le elezioni anticipate. Da qui i rumor insistenti sul passaggio di alcuni, pare almeno quattro, senatori grillini al Carroccio entro martedì. Una mossa che servirebbe non tanto a votare la sfiducia quanto a non far raggiungere a Conte quota 161.

L'operazione responsabili/costruttori intanto prosegue tra stop and go. Proprio oggi è nato al Senato il gruppo MAIE-Italia23, "per costruire uno spazio politico che ha come punto di riferimento Giuseppe Conte", spiega il senatore Ricardo Merlo, presidente MAIE e sottosegretario agli Esteri in questa legislatura. Dunque il gruppo MAIE a Palazzo Madama ha cambiato denominazione: "Non cerchiamo responsabili - ha precisato Merlo - ma costruttori, a cui l'unica cosa che offriamo è una prospettiva politica per il futuro, per poter costruire un percorso di rinascita e resilienza, nell'interesse dell'Italia, soprattutto in un momento così difficile come quello che stiamo vivendo, tra la crisi sanitaria che continua a mordere e quella economica che ha messo in ginocchio imprese, attività commerciali e famiglie".

Si tratta sicuramente di un punto a favore del premier, ma oltre al contenitore (il gruppo) servono i contenuti (i senatori). I 5 Stelle sono fiduciosi che molti loro ex possano votare la fiducia, tra loro anche Mario Michele Giarrusso, in passato molto polemico soprattutto con il ministro Di Maio, che si trincera ì dietro un rigoroso "sono in silenzio stampa". Ma non ci sono solo buone notizie per l'esecutivo. Il senatore Carlo Martelli, anche lui ex grillino, si tira fuori dalla caccia al responsabile. "Io tra i 'costruttori'? Non c'è niente di vero. Non aderirò alla componente Maie-Italia23", spiega il parlamentare, interpellato dall'Adnkronos. Quindi non voterà la fiducia al governo Conte? "Esattamente", risponde.

Se dalla galassia ex pentastellata sarà difficile capire fino all'ultimo quanti si schiereranno con il presidente del Consiglio, altre notizie non positive per la maggioranza giallo-rossa arrivano da vari fronti. Le senatrici Gelsomina Vono e Donatella Conzatti, due renziane tra le più gettonate come future new entry nei responsabili, hanno categoricamente smentito assicurando che non lasceranno Italia Viva. Discorso diverso per il segretario del Partito Socialista Italiano Riccardo Nencini, oggi insieme a Renzi a Palazzo Madama, e che, seppur senza un divorzio dall'ex presidente del Consiglio, dovrebbe alla fine votare la fiducia.

Dall'Udc, che molti nel governo vedono come altro perno insieme al gruppo MAIE-Italia23, per il sostegno al Conte 2, e per la precisione dallo staff del senatore Antonio De Poli, spiegano proprio ad Affaritaliani.it che sono e restano alleati del Centrodestra (non a caso il segretario Lorenzo Cesa continua a partecipare ai vertici con gli alleati dell'opposizione). Affermazione, c'è da dire, che fa sorridere alcuni deputati Dem, "vedremo...".

Idea-Cambiamo!, ovvero il gruppo che fa riferimento al Governatore della Liguria Govanni Toti, continua a garantire al 100% che non voterà la fiducia. Così come da Forza Italia al momento non si segnalano movimenti in uscita, a parte Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella, eletta con gli azzurri ma da tempo già nel Misto e certamente al fianco del governo e, probabilmente, anche l'ex presidente della Regione Lazio Renata Polverini.

Sicuro il sì alla fiducia da parte dell'ex presidente della Camera Pierferdinando Casini, mentre Emma Bonino potrebbe astenersi, considerando la decisione di +Europa di restare all'opposizione, ma allo stesso tempo il senso di responsabilità verso il Paese e l'intenzione di non sommarsi ai sovranisti potrebbe evitare il voto contrario.

Insomma, la partita è aperta per il numero magico, quel 161 che probabilmente segnerà il futuro del governo, di Conte, di Renzi, di molti big e semplici parlamentari e, forse, anche della legislatura. La paura non fa 90, a Palazzo Madama martedì prossimo fa 161.

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