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Politica
Coronavirus, governo bocciato in comunicazione. Social, numeri verdi...

Dopo settimane di scaramantica prudenza, l’emergenza Coronavirus impazza anche in Italia, in sole 48 ore salita sul podio come nazione Europea più colpita dalla pandemia, e come sempre le opinioni si sprecano: come sta gestendo la situazione il Governo Conte, e soprattutto cosa si sarebbe potuto fare prima, e meglio.

E l’analisi è utile non tanto e solo per “dare un voto al Governo”, quanto per comprendere – e ove possibile - correggere in corsa eventuali errori e criticità che rischiano di impattare negativamente non solo sulla vita dei cittadini ma, pesantemente, sul PIL dell’intera nazione.

Luca Poma è professore incaricato di Reputation Management e Crisis Communication all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino ed è autore del libro La Guida del Sole 24 Ore al Crisis Management: come comunicare le Crisi

Volendo uscire dal perimetro dei pareri soggettivi, è certamente utile riferirsi a quel significativo affidabile corpus di conoscenze – ben noto agli addetti ai lavori – che rientra sotto la dicitura di “crisis management & crisis communication”, ovvero la corretta gestione (e contemporanea comunicazione al pubblico) in caso di crisi: una materia sulla quale sono stati pubblicati centinaia di volumi, e che stupisce ancor oggi sia in parte fuori dall’orizzonte dei portavoce dei politici e di parte delle istituzioni pubbliche.

Andiamo con ordine, precisando che l’analisi di riferisce al pomeriggio nel quale questo articolo è stato redatto.

 

  1. Qualità delle informazioni. Prendendo a riferimento le aree del sito ufficiale del Ministero della Salute dedicato specificatamente al Coronavirus http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus e quelle analoghe dell’Istituto Superiore di Sanità https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/, la qualità delle informazioni è elevata, merito anche delle indubbie professionalità che il nostro Paese può vantare in campo sanitario. La Protezione Civile invece non ha ritenuto di attivare una landing-page specifica per il Coronavirus, dove raccogliere tutte le informazioni a riguardo, ma ha “sparso” le notizie in varie sezioni del proprio sito (comunque con richiami in homepage); stesso dicasi per Lombardia e Veneto, le due Regioni più colpite. I siti sono ottimizzati per Mobile e facilmente navigabili, cosa banale ma purtroppo ancora non scontata nella Pubblica Amministrazione italiana nel 2020. Manca invece nei siti istituzionali (o perlomeno non se ne trova traccia) una sezione informativa specifica sulle “bufale” relative al Coronavirus (ne circolano di ogni tipo), utile per garantire una comunicazione il più possibile priva di contenuti confondenti per la popolazione

    VOTO AL GOVERNO: 7/8

  2. Comunicazione delle informazioni. Un hub informativo è tanto più utile tanto più è ben pubblicizzato, ovvero se sa raggiungere i cittadini facilmente, nei “luoghi digitali” che sono per loro più abituali. L’indicizzazione sui principali motori di ricerca di entrambi i siti ufficiali nazionali risulta affidata al caso (è organica, ovvero sulla base delle ricerche degli utenti, e non “governata” dalle istituzioni), tanto che digitando su Google “Coronavirus + informazioni” (la più banale e frequente delle ricerche) al primo posto compare l’area FAQ (domande e risposte frequenti) del sito del Ministero della Salute ma non la homepage dell’hub Coronavirus del Ministero stesso, che compare (fortunatamente, pur dopo 3 box in lingua inglese dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) digitando solo Coronavirus. Sarebbe stato sufficiente accordarsi (possibilmente ben prima dello scoppio dell’epidemia) con Google Italia, prevedendo l’attivazione di un box apposito in testa alla prima pagina di qualunque ricerca online, per far trovare in evidenza il rimando all’hub informativo principale. Inoltre, le informazioni online non sono sempre aggiornate in tempo reale (ad esempio, nelle FAQ del Ministero Salute non è riportato l’elenco delle regioni interessate da decreti di restrizione dei servizi, ma parla solo delle delibere di Lombardia e Veneto). Infine, a parte i video informativi con protagonista il giornalista RAI Michele Mirabella, ben fatti e con alcuni consigli utili di comportamento e prevenzione, lanciati il 7 febbraio (ma che neppure riportano il numero verde del Ministero), non risultano programmati in questi giorni di picco di attenzione degli specifici spot informativi in TV, che peraltro potevano esser realizzati già tempo fa, in un’ottica di corretta previsione della crisi, con spesa anche assai contenuta.

VOTO AL GOVERNO: 5

3. Gestione dei Social e dei Numeri verdi. I canali social Facebook, Twitter, Instagram e Youtube del Ministero della Salute risultano ingaggiati nella gestione dell’emergenza, perlomeno sotto il profilo della pubblicazione di informazioni e aggiornamenti, periodici “bollettini” con grafiche dedicate all’andamento del numero di contagi e decessi, video di consigli – di buona qualità, peraltro - per contenere e prevenire il contagio, buone prassi di igiene quotidiana etc. Tuttavia, soprattutto su Facebook, i cittadini pongono molte domande, alcune pertinenti ed interessanti sugli aspetti pratici e quotidiani della gestione dell’emergenza, ma – incredibile a dirsi – non ottengono alcuna risposta. Di fatto, i Social istituzionali vengono gestiti come un “clone” dei siti web: un flusso informativo a un’unica direzione, dalla istituzione al cittadino, mentre innumerevoli buone prassi (aziendali, ma anche di amministrazioni pubbliche di altre nazioni) dimostrano che l’uso corretto è tutt’altro, ovvero dare risposte puntuali agli utenti al fine di fugare dubbi e paure, evitando il panico dimostrando di avere pieno controllo della situazione. Niente da fare, in Italia i nostri politici (e chi si occupa di comunicazione per loro) proprio non riescono ad adeguarsi alle buone prassi in tema di comunicazione digitale, neppure in situazioni di emergenza. Per quanto riguarda i numeri verdi di informazione semplicemente sono in tilt mentre pubblichiamo questo articolo, sempre occupati, non rispondono, cade la linea. Questo è uno dei più eclatanti pessimi indicatori di scostamento dalle buone prassi internazionali in materia: non è fatta un’adeguata simulazione di scenario, e quindi i canali di comunicazione più immediati (le linee telefoniche, oltre ai Social) non sono presidiati con forze sufficienti per resistere alla (prevedibile da tempo) onda d’urto delle chiamate della popolazione

VOTO AL GOVERNO: 4

4- Un portavoce, un'unica voce. Il Covind 19 è letale; no, è poco più di una banale influenza; no, è peggio delle influenze stagionali… In questi giorni di comprensibile panico, di massima attenzione mediatica, e di vera e propria “bulimia da esperti” da parte dei mass-media, si sente di tutto e di più. Manca una “voce scientifica unica” che parli a nome delle istituzioni pubbliche, facilmente riconoscibile, e che sia ritenuta autorevole dalla cittadinanza: si passa dai “catastrofisti”, per i quali siamo dinnanzi alla pandemia del decennio, ai “minimizzatori” che paiono sottovalutare l’epidemia. A chi dovrebbe credere un cittadino? La mancanza di coordinamento nel merito dei messaggi evidenzia nuovamente una gestione della crisi per certi versi improvvisata, fortemente mancante di quella “programmazione preventiva in tempo di pace” che contraddistingue tutte le buone prassi di crisis management e crisis communication. E passando dal livello dei contenuti di tipo scientifico al livello della “voce” vera e propria delle Istituzioni, non pare andare meglio: Presidente del Consiglio, Ministro della Salute, Commissario all’emergenza Borrelli, Presidenti delle Regioni coinvolte, Protezione Civile… tutti parlano, con il risultato di ridurre l’efficacia del messaggio e aumentare i fattori confondenti. Certo, una vera e propria “unica voce” è utopia pura, ma così si esagera in senso opposto.

VOTO AL GOVERNO: 4

5. Coerenza dei provvedimenti. Spettacoli annullati e discoteche chiuse, ma cinema aperti; sospesi gli spettacoli al Teatro alla Scala, ma le prove dei ballerini oggi si sono svolte regolarmente (centinaia di persone in un unico ambiente); le scuole sono chiuse, ma le scuole guida no, perché sono registrate come attività di “pratiche auto” e non di “formazione”; alcuni comuni del Sud Italia impongono quarantena ai cittadini - italiani e non - provenienti dalle regioni settentrionali, eccetera. Anche queste incoerenze ottengono un effetto critico, disorientante, e possono portare alcuni cittadini – paradossalmente – a sottostimare il problema (“stanno esagerando, non si capisce più niente, è una bufala, etc.), senza parlare dei disagi economici. La tutela della salute chiaramente viene al primo posto: ma occorre anche qui non improvvisare, ed avere un “crisis plan” (un piano di gestione della crisi) preparato con cura in precedenza, così da prevedere accuratamente ogni scenario e gli adeguati strumenti di risposta e di gestione.

VOTO AL GOVERNO: 5

Concludendo, le regole internazionalmente riconosciute valide nella gestione degli scenari di crisi, specie sotto il profilo della comunicazione, sono – ribadisco – note. In sintesi: autorevolezza, rapidità, trasparenza, coerenza, affidabilità, frequenza di aggiornamento, robustezza delle infrastrutture dedicate ad erogare le informazioni; c’è poco o nulla da “inventare”. Pur con molta buona volontà da parte delle istituzioni, e ferma restando la dedizione e abnegazione assoluta dei nostri operatori sanitari, che sta realmente facendo la differenza, l’impressione è che il Governo - nonostante i molti “segnali deboli di crisi” - sia arrivato ampiamente impreparato al grave appuntamento con questa epidemia, sottostimando la più importante delle regole auree della crisis communication, che è un po’ il minimo comun denominatore di tutti i punti elencati nella nostra “pagella”: è umanamente impossibile reagire con efficacia a crisi di ampia portata se il sistema di comunicazione e di relazione con il grande pubblico non è costruito (e testato con appositi stress-test) ben prima dell’evento critico.

Un caso virtuoso nella gestione della crisi è rappresentato – ad esempio - dalla Nuova Zelanda, che a seguito della consapevolezza del rischio sismico del suo territorio ha messo in moto un lungo e complesso lavoro di organizzazione preventiva nel quale alla base vi è la cooperazione attiva dei cittadini ed il coinvolgimento sinergico delle diverse componenti delle comunità locali; ha istituito il sito web “Get Ready” https://getready.govt.nz/ su cui vengono date istruzioni dettagliate in casi di emergenza e dove sono presenti indicazioni specifiche per essere preparati in casa, sul luogo del lavoro o a scuola, offrendo anche la possibilità di organizzare iniziative off-line come il reclutamento di volontari in caso di allarme, e disporre vere e proprie esercitazioni per le emergenze, come “ShakeOut”, l’esercitazione antisismica collettiva che si tiene ogni anno, così da valorizzare un lavoro preventivo letteralmente vitale in caso di emergenza, che include l’impegnativo, ambizioso ma indispensabile processo di informazione ed educazione dei cittadini. Certamente, la Nuova Zelanda può non presentare tutte le complessità proprie del sistema Italia; ma il sistema Italia, di spazi di miglioramento, pare averne ancora parecchi.

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    crisi governo emergenza coronavirus





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