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Politica
Ecco perché Di Battista è isolato. Il caos M5S non preoccupa il Pd

Pericolo scampato. Al Nazareno, sede del Partito Democratico, si mostrano tranquilli all'indomani del terremoto nel Movimento 5 Stelle provocato dalle parole di Alessandro Di Battista. D'altronde la tempestività e la forza con cui Beppe Grillo ha zittito l'ex deputato hanno rassicurato i Dem sulla tenuta dell'esecutivo. Non solo. Deputati e senatori del Pd sanno perfettamente, come ha scritto Affaritaliani.it in questo articolo, che la stragrande maggioranza dei parlamentari pentastellati ha ormai sposato la linea governativa e l'alleanza con il Pd (anche per paura delle elezioni), sta con il comico genovese e, di conseguenza, garantisce il pieno sostegno al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Non solo, tra i Dem c'è perfino chi sottolinea la straordinaria coincidenza con la quale la fake news (parole di Davide Casaleggio) sui presunti soldi al Movimento dal Venezuela chavista sia uscita proprio all'indomani del duello ai vertici dei pentastellati.

A pensar male si fa peccato, ma qualche volta ci si azzecca e così nel Pd vedono quasi una regia occulta per assestare un altro schiaffo all'ex deputato riottoso che ha osato contestare in diretta tv la nuova linea grillina. D'altronde il Venezuela è sempre stato particolarmente a cuore a Di Battista. Nel febbraio del 2019 l'ex deputato romano scriveva un post su Facebook sul "coraggio di essere neutrali" nella contrapposizione tra Guaidò e Maduro, scatenando l'ira dell'allora partner di governo Matteo Salvini, decisamente filo-Trump e quindi anti-chavista. Scorrendo indietro nel tempo anche su questo punto emerge chiara la divergenza di vedute tra Dibba e Grillo. In più occasioni il fondatore del M5S non è stato tenero con il regime chavista, come testimonia un post del 4 agosto 2017 sul suo blog intitolato: "Gentiloni si indigna ma fornisce armi a Maduro". Non solo. Il 13 marzo 2015 i deputati grillini organizzarono un convegno dal titolo "L'alba di una nuova Europa", in cui partecipò anche un docente di Economia della Sapienza, Luciano Vasapollo, per esprimere parole di sostegno al regime di Maduro. Ad applaudire in prima fila ci furono propro Di Battista oltre a Manlio di Stefano, allora deputato e oggi sottosegretario agli Esteri.

A unire Dibba e Di Stefano non è solo il Venezuela, ma anche la Russia. In molti si chiedano che fine abbia fatto l'accordo immortalato da una foto in cui si vedono l'attuale sottosegretario agli Esteri e di Battista stretti e sorridenti con Robert Shlegel e Sergey Zheleznyak. All'epoca Dibba e Di Stefano erano vicepresidente della Commissione Esteri e capogruppo M5S nella stessa. In quei mesi il canale tra il Cremlino e le forze sovraniste italiane era assai coltivato dagli uomini di fiducia di Putin. Il 26 marzo 2016 Di Stefano fu l'unico politico europeo a condurre un panel al congresso di Russia Unita. In quei mesi, quelli che precedono il referendum costituzionale della riforma Renzi, è un crescendo di viaggi, dichiarazioni a favore, interviste. Nel novembre del 2016 un'inchiesta di BuzzFeed, il media online che ha pubblicato il file audio del Metropol, sostiene che ormai "i siti di area Cinque Stelle ripetono sistematicamente i principali motivi di propaganda putiniana riprendendoli da Russia Today o Sputnik".

Le relazioni 'pericolose' di Di Battista nel mondo si estendono anche all'Iran. Ecco che cosa scriveva su Facebook il 13 febbraio scorso l'ex deputato M5S proprio dalla lontana ex Persia: "Arg-e Bam, Kerman, Iran. Prima del terremoto del 2003 che ha devastato la zona provocando 35.000 morti, la 'cittadella' di Bam è stata la più grande costruzione in adobe della terra. L'adobe è un impasto di paglia, sabbia e argilla e in Iran viene ancora utilizzato. Per arrivare a Bam mi sono servite 16 ore di treno Teheran-Kerman più 2 ore e mezza di macchina. A Kerman (città natale del Generale Soleimani, assassinato a Baghdad da un drone Usa) ci sono andato per sentire l'aria che tira e per capire l'attaccamento delle persone nei confronti del Generale. L'Iran è mozzafiato. È uno dei paesi più sicuri che abbia mai visitato e la popolazione è il suo valore aggiunto".

Il tutto senza dimenticare il legame particolare non solo di Di Battista ma anche del ministro degli Esteri Luigi Di Maio con la Cina, culminata con l'adesione alla Via della Seta. Non a caso parti importanti del M5S, suscitando tensioni con gli alleati di governo, non hanno mai preso le distanze in maniera netta dal governo di Pechino sui due nodi chiave, ovvero Taiwan e Hong Kong. Tutti temi che portano l'ala movimentista grillina, incardinata da Dibba (oggi meno di Di Stefano), su posizioni distanti da quelle di Conte. Per non parlare ad esempio dell'utilizzo del Mes senza condizioni per le spese sanitarie, osteggiato da Di Battista ma ormai molto probabile (su spinta soprattutto di Pd e Italia Viva).

In questo contesto è chiaro che la posizione di Dibba non può che essere minoritaria tra i pentastellati (ecco perché ha pochissimo seguito tra i parlamentari, altra cosa sono gli attivisti e la base) e anche la sua unica freccia all'arco - il vincolo dei due mandati che metterebbe fuori dal Parlamento al prossimo giro Di Maio, Crimi, Ruocco e molti altri - verrà quasi certamente modificata con un cambio dello statuto per consentire a Virginia Raggi di ricandidarsi a sindaco di Roma. Ecco perché, quindi, nel Pd non sono preoccupati per le tensioni tra i grillini.

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