Toscana, Campania, Puglia. In vista del voto amministrativo di settembre le analisi politiche si sprecano su queste 3 regioni, le valutazioni mirano a capire quanto peserà una vittoria o una sconfitta del centrodestra e che effetto avrà sulla tenuta del governo. Quanto a Veneto e Campania, il risultato pare già scritto e quindi non rientrano nel discorso. Ci sono però altri territori come le Marche, che certo non portano al voto i quasi 5 milioni di elettori del Veneto (1,5 milioni gli elettori marchigiani), ma che rappresentano le roccaforti storiche della sinistra e che stanno per essere protagonisti – dopo l’Umbria e la vittoria della Tesei – di un ennesimo tabù sfatato.
Secondo l’ultimissima rilevazione demoscopica, salvo colpi di scena, le Marche svoltano a destra. Lo faranno con Francesco Acquaroli, candidato di Fratelli d'Italia che non solo potrebbe scippare la regione alla sinistra ma potrebbe anche vincere il derby interno contro il candidato di FdI in Puglia Raffaele Fitto che se la deve vedere con il presidente uscente Michele Emiliano. Infatti, secondo quanto riporta l'Istituto demoscopico Noto, Acquaroli è in testa al 48% sostenuto dalle 3 liste di centrodestra. Segue al 40% l’attuale sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi che la direzione del Pd ha indacato per sostituire il presidente uscente Luca Ceriscioli. Fuori gioco il Movimento 5 Stelle con il candidato Gian Mario Mercorelli, consigliere comunale di Tolentino, che si ferma al 9%.
La legge elettorale vigente poggia su un sistema proporzionale che assegna la vittoria al candidato che riesce a ottenere anche un solo voto in più rispetto ai suoi avversari. Con la riforma del 2015 i consiglieri regionali sono scesi da 42 a 30 più il presidente eletto. Per garantire la governabilità, al candidato vincitore verrà assegnato un premio di maggioranza pari a 16 seggi con una percentuale tra il 34% e il 37%, 17 seggi tra il 37% e il 40% e 18 seggi se oltre il 40%. Per poter accedere alla ripartizione dei seggi, una coalizione dovrà superare la soglia di sbarramento del 5% eccezion fatta se un gruppo di liste che la compongono abbia preso almeno il 3% a livello regionale. Non è prevista infine la possibilità di fare un voto disgiunto.
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