Politica
Simulazione choc sulle elezioni. Il Pd non sfonda. Anzi, arretra

Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)
Matteo Renzi era sicuro. Sicuro di poter andare al voto e vincere facilmente le elezioni, magari ripetendo il 40,8% delle Europee del 2014. Ma nelle ultime settimane, specialmente dai primi di settembre, qualcosa è cambiato. Il sentiment al Nazareno non è più quello di luglio, nonostante la ministra Maria Elena Boschi, sorridente, diceva appena venti giorni di essere certa di bissare il 40 per cento. Non a caso, la stessa Boschi, ha detto nel weekend che se fallisce il Pd "c'è il rischio Lega e M5S".
Da un lato il premier-segretario non vuole sottostare ai diktat della minoranza e ai mal di pancia di alcuni centristi di Ncd-Area Popolare (ecco perché ha sigliato un'intesa con Verdini e Tosi), dall'altro però teme che un ritorno alle urne, con la crescita economica ancora fragile, possa diventare un pericoloso boomerang.
Fonti del Pd confidano ad Affaritaliani.it che le simulazioni sul voto con l'Italicum elaborate a Palazzo Chigi e al Nazareno sono "preoccupanti". Considerando un'affluenza alle urne non superiore al 70-72% (nella migliore delle ipotesi) il Pd non supererebbe al primo turno il 31% dei consensi (come parte alta della forchetta), rischiando addirittura di scendere sotto quota 30%.
Forte avanzata del Movimento 5 Stelle, specialmente se il candidato premier fosse Luigi Di Maio. I pentastellati potrebbero anche raggiungere il 27% dei voti. Attenzione, poi, a una ipotetica lista di Centrodestra guidata da Matteo Salvini che, stando alle simulazioni, supererebbe il Pd toccando il 33-34% dei voti. Ma non finisce. E al secondo turno che cosa accadrebbe? Parità con il Centrodestra (50 a 50), quindi totale incertezza, e leggerissimo vantaggio (51 a 49) rispetto al M5S.
Ecco perché - affermano alcuni deputati della minoranza Pd - il premier non è più così spavaldo da minacciare il ritorno alle urne (se non per "spaventare" i dissidenti).
