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Politica
Giorgia Meloni riempie le piazze del centrodestra
Giorgia Meloni 
Lapresse

La prima a stupirsi della grande folla che sabato si è riunita a Piazza Duomo per assistere al comizio di Giorgia Meloni in appoggio al candidato del centrodestra Luca Bernardo, è stata la stessa leader di Fdi, che di fronte alle migliaia di persone assiepate sotto al palco dice «E chi l’avrebbe mai detto? Tutta questa gente a Milano, qualche anno fa avrei fatto fatica a crederci...».

Già lei che fino a soli due anni fa era relegata al ruolo di poco più di comprimario di un centrodestra dominato da Lega e Forza Italia, e che adesso invece guarda tutti dall’alto in basso, forte del suo 21% accreditato da tutti i principali sondaggi. Ma a lei, come ribadisce nuovamente, davanti alla stampa, poco interessa la competizione nel centrodestra, “a me interessa battere Pd e cinque stelle” ( ora alleati un pò scomodi sia per Forza Italia ma soprattutto per la Lega ), ma allo stesso tempo maliziosamente proprio a sottolineare la stravagante situazione creatasi col governo Draghi, lancia una stoccata al suo alleato Matteo Salvini «Non c’è un capo dello schieramento e non potrebbe esserci ora che i partiti del centrodestra hanno posizioni diverse tra loro: c’è chi sta al governo e chi sta all’opposizione.

È difficile avere un leader che decida per tutti». Insomma un colpo al cerchio per sottolineare la scelta coerente di restare all'opposizione e un altro alla botte, per far capire che la corsa per la leadership del centrodestra è ancora tutta da decidere. Ma d’altra parte lei era stata facile profeta, quando in occasione della decisione di Lega e Fi di schierarsi compatti nell’appoggiare il governo Draghi, aveva avvertito dei pericoli che correvano i due partiti di farsi comunque dettare la linea da una maggioranza che continua in parlamento ad essere numericamente dalle parte di pd e cinque stelle.

Lei si gode questa piazza fantastica che a molti nostalgici ricorda quella del 1972 di Giorgio Almirante, che riempì in un momento storico delicatissimo per il paese, Piazza Duomo sotto una pioggia battente, e che fu il preambolo ad un successo storico nelle elezioni politiche un mese dopo, con l’8,2% dei consensi ( numeri che ora potrebbero far sorridere quelli di fdi).

Chissà se anche questa piazza gremita sarà presagio di un altro successo elettorale, che a Milano pare davvero impresa disperata. Ma quello che conta adesso è far capire che il peso elettorale di Fratelli d’Italia è crescente anche in uno storico feudo leghista come il capoluogo meneghino. Ma anche nella rossa Bologna il comizio della Meloni per sostenere il candidato del centrodestra Fabio Battistini, era pieno fino all’inverosimile.

Certo la Piazza non era quella solitamente utilizzata per i comizi e cioè la centralissima Piazza maggiore, ma la ben più piccola e periferica Piazza Galvani. Ma Fdi aveva chiesto invano ad inizio Settembre una piazza più grande e centrale, ma il Comune è riuscita a concedere solo questa, scatenando le accese proteste dei dirigenti locali del partito. Una settimana prima in una giornata di metà Settembre assolata e caldissima, era stata la volta di Piazza del Popolo a Roma, dove ad assistere al comizio di Enrico Michetti, ma soprattutto a quello di Giorgia Meloni erano arrivate circa diecimila persone.

Insomma a giudicare dalle piazze i sondaggi che vedono il partito della Meloni in costante crescita sembrerebbero forse addirittura troppo prudenti nei numeri. Anche perché occorre aggiungere che le regole Covid, rigidamente e doverosamente rispettate anche nei comizi, chiaramente limitano la capienza permessa per eventi simili. Certo la famosa frase pronunciata da Pietro Nenni in occasioni delle elezioni del 1948 “piazze piene urne vuote” potrebbe suggerire prudenza, per sottolineare come non sempre il successo dei comizi può essere un segnale chiaro ed inequivocabile.

Però quello che può essere evidente è che, in questi tempi, avere il coraggio di tenere un comizio in Piazza Duomo e riuscire a riempirla, è sicuramente un segnale forte ed inequivocabile per avversari ed alleati. Insomma per la leadership della Meloni, se ancora ce ne fosse bisogno si tratta dell'ennesima trionfale conferma.

In politica si sa l’attimo fuggente è fondamentale e secondo molti osservatori ma anche qualche politico del centrodestra, Matteo Salvini se lo sarebbe lasciato sfuggire, in quella sciagurata estate del 2019, Anche se sarebbe esagerato, ingeneroso e sbagliato dare per morto un animale politico come Matteo salvini,è altrettanto chiaro che il vento in questo momento sembra essere sicuramente molto più favorevole per Giorgia Meloni.

A qualcuno forse sarà sfuggito che la fondazione farefuturo, che è chiara espressione del partito meloniano e di cui è presidente il senatore Adolfo Urso, giorni fa ha organizzato un evento a porte chiuse con un autorevolissimo think tank conservatore americano IRI ( international republican Institute), un'occasione per mostrare come i repubblicani oltreoceano stiano guardando con sempre maggiore interesse alla leader di fdi, che da qualche mese ha anche l’onore di presiedere il partito dei conservatori europei.

Forse a qualcuno questo potrà anche dire poco, ma come fa intendere un senatore della vecchia Dc “ Senza l’appoggio di Washington, in Italia nessuno può governare comodamente. Devo ammettere che la Meloni fino ad ora è stata molto brava anche su questo aspetto, dal momento che sta tessendo una fitta trama di importanti relazioni internazionali, sia in Usa che in Europa, cosa che invece, malgrado gli sforzi in tal senso di Giorgetti non sta ancora riuscendo a Matteo Salvini.” Tutto insomma sembra volgere in favore della ragazza della Garbatella, anche perché l’autorevolezza del premier, apertamente osannata da tutti i partiti, si sta rivelando ora come una sorta di boomerang per i partiti che compongono la maggioranza.

L'ingresso nel governo Draghi, infatti, ha avuto l’effetto di una sorta di anestetizzante per tutti i partiti della maggioranza e soprattutto per i loro leader, la cui figura è ormai soppiantata da quella sempre più ingombrante di un premier ultra decisionista. Per una volta le mediazioni e le lunghe trattative, che hanno contraddistinto gli ultimi cinquant'anni di storia repubblicana, sono come svanite nel nulla, provocando però latenti, ma nemmeno troppo lacerazioni all’interno dei vari partiti.

L’ex premier Conte fatica ancora riprendersi dallo shock di essere passato da Palazzo chigi alla guida di un partito che appare sempre più allo sbando. Letta cerca ancora il suo ubi consistam, provando a legare il suo fino ad ora inconsistente segretariato con battaglie come quella del DDl Zan o dello ius soli, che sembrano quantomeno non proprio così urgenti in un momento storico come quello che stiamo attraversando da oltre un anno e mezzo. Salvini che disperatamente cerca un difficilissimo e quasi impossibile equilibrio nel cercare una fedele adesione al governo e il non lasciare troppo spazio alla solitaria opposizione della Meloni. Infine berlusconi che a fatica cerca di raschiare il fondo del barile di un partito ormai svuotato di idee contenuti e uomini, ed aspira ad un ultimo miracolo che lo issi sul colle più alto di Roma, per concludere nel migliore dei modi una parabola politica comunque entusiasmante.

E poi c’è lei, Giorgia, solitaria all'opposizione, che sembra guardare tutti un pò distaccata, e come nel noto proverbio confuciano, restare in attesa che passi il cadavere del nemico sul fiume. “ Abbiamo rischiato a stare all’opposizione non c’era nessuna tattica, o calcolo elettorale. Molti ci consideravano dei matti a fare una simile scelta suicida, anche da destra.

Ed in effetti non era affatto scontato che le cose potessero finire così - dice un senatore di fdi- ma quel giorno quando si è deciso all'unanimità di dire no all’ingresso nel governo, tutti eravamo convinti ma nello stesso tempo preoccupati per le conseguenze che questo avrebbe potuto comportare per un partito come il nostro che era già in costante crescita. Poteva essere anche l’inizio della fine. Direi che adesso possiamo dire con forza che la scelta fatta era quella giusta.”

Ora probabilmente il risultato delle amministrative dirà quanto questa scelta di febbraio sia stata davvero azzeccata o se forse alla fine i contrasti con i partiti della coalizione al governo non possano fare sentire gli effetti anche su Fdi. Ma certamente i bagni di folla della Meloni in questa campagna elettorale non possono che essere di buon auspicio e corroboranti per gli assai impegnativi appuntamenti politici futuri, al di là di quello che potranno dire le urne il 3 e il 4 ottobre.

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