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Politica
Draghi, il motore di una Ferrari su un'utilitaria? Non chiediamogli miracoli
Mario Draghi(fonte Lapresse) 

Massimiliano Panerari, sulla “Stampa” del 29 marzo paragona Mario Draghi, capo del governo italiano. all’inserimento di un motore Ferrari in un’utilitaria. E considerando che l’utilitaria in questione è l’Italia, non è lode dappoco.

Non credo tuttavia che Panerari volesse soltanto adulare Draghi. Tutto il suo articolo infatti ruota intorno a due concetti: con Draghi l’Italia può riconquistare peso internazionale e porsi su un piede di parità con i più importanti Stati europei. Ma tutto questo non può farlo da solo e deve essere sostenuto da tutta la classe politica. Nelle sentenze spesso, dopo avere esposto le ragioni della difesa, l’estensore scrive asciutto: “La tesi è infondata”, e passa a dire perché. Anche qui si avrebbe voglia di fare altrettanto.

Non c’è dubbio che Draghi sia una persona seria, intelligente e competente. Personalmente, devo aggiungere che il suo “stile” mi piace moltissimo. Rispetto a Conte è come se fossimo passati da un film con Franchi e Ingrassia all’esecuzione in cattedrale dello Stabat Mater di Pergolesi. Ma questo non vuol dire che Draghi abbia tutti i meriti possibili. Un grande economista non è per questo un grande astronomo o un luminare dell’etnologia. Nessuno può saper tutto. Nessuno può essere capace di far tutto. Per giunta la politica non è affare di competenza specifica: richiede cultura generale, esperienza in quel campo e, soprattutto, un grande carattere. Può darsi che Draghi queste qualità le abbia, ma ancora non lo sappiamo.

Per quanto riguarda l’esortazione perché la classe politica lo sostenga nella rinascita dell’Italia, mi si permetta di essere perfettamente scettico. I politici sono sempre pronti a riempirsi la bocca dei migliori progetti, ma sono sempre indotti a non farne niente per ignavia, per interesse, perché frenati dalle lobby o semplicemente per paura del nuovo. Di fatto, quando un Paese imbocca il sentiero della decadenza, non lo ferma nessuno. E certo non il pistolotto di Panerari.

Si può andare anche oltre. Ammesso che Draghi si riveli un grandissimo politico, ammesso che tutta la classe politica si attivi per aiutarlo a riportare l’Italia ad un ruolo di primo piano, non credo lo stesso che ciò possa avvenire. Semplicemente perché l’Italia quel ruolo non lo merita e gli altri grandi Paesi (in Europa sono soltanto tre: Francia, Germania e Gran Bretagna) non sono affatto disposti a concederglielo. Possono avere stima di un nostro rappresentante, come fu il caso di De Gasperi, ma non dimenticano mai l’Italia com’è. È la nostra storia, che è contro di noi. E non possiamo certo cambiare il passato.

L’Italia ha troppo spesso creduto che la cosa migliore fosse seguire il suo interesse del momento: e questo le ha creato una fama di inaffidabilità. Se non di slealtà. Inoltre durante la Seconda Guerra Mondiale ha fatto prima una cattiva figura etica (indimenticabile) dichiarando guerra alla Francia già sconfitta. Poi, per mancanza di preparazione e di mezzi, una cattiva figura militare (indimenticabile) durante il conflitto che Mussolini sperava ingenuamente di non essere chiamato a combattere. Non solo nella guerra siamo divenuti “quantité négligeable”, ma abbiamo completato l’opera con la dichiarazione di guerra alla Germania nel 1943, anch’essa già tecnicamente sconfitta. Questo è il quadro della nostra tradizione. Né ci siamo comportati più seriamente dopo la guerra. Abbiamo sempre parlato del fascismo come se fosse una colpa altrui, e non nostra. La nostra sciocca retorica nazionale ha esagerato all’inverosimile l’importanza dei partigiani (che la storiografia internazionale ignora serenamente), ci ha predicato per settant’anni che la guerra l’abbiamo vinta con gli americani battendo i tedeschi. E una simile panzana è troppo grossa per varcare le Alpi. Anche coloro che queste storture le vedono chiaramente tendono, per carità di Patria, a chiudere gli occhi su di esse. Ma gli stranieri hanno un’altra Patria e gli occhi non li chiudono.

Non chiediamo a Draghi quello che non può darci. Cerchiamo di comportarci bene e chissà che, se ce la facciamo per molti decenni, a fine secolo l’opinione che molti hanno dell’Italia non migliori.

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