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Politica
Governo,psicodramma delle truppe leghiste. Dalle baionette all'ulivo in 24 ore

Indietro tutta. Gli eserciti del Movimento 5 Stelle e della Lega erano pronti alla guerra. Dita negli occhi per due mesi, raffica di comunicati roboanti e di dichiarazioni al vetriolo. Addirittura ancora nella tarda serata di ieri, quindi dopo l'ultimatum del presidente del Consiglio Giuseppe Conte in conferenza stampa ai due vicepremier, la Lega aveva fatto saltare il tavolo a Palazzo Chigi impuntandosi chiedendo la totale cancellazione del codice degli appalti inserita con un superemendamento nel Decreto Sblocca-Cantieri.

E poi? Come un miracolo divino - forse frutto del crocefisso che Matteo Salvini bacia e mostra alle telecamere quasi quotidianamente, o per intercessione della Beata Vergine Maria (alla quale il ministro dell'Interno ha affidato il destino del Paese) - è arrivata la telefonata della pace tra i due vice-presidenti del Consiglio. E subito si è trovato l'accordo sullo Sblocca-Cantieri con una sospensione solo parziale del codice degli appalti.

Riporre le baionette, mettere via i fucili e tirare fuori i fiori e gli ulivi, simbolo della pace e dell'amore ritrovati. Che strano destino quello dei malpancisti, soprattutto leghisti (e ce ne sono tanti, anche al governo e non solo in Parlamento), che dopo il 34,33% delle Europee già ragionavano di collegi elettorali, di candidature e della data delle elezioni anticipate. Tutto sbagliato. Tutto da rifare. E ora saranno costretti a mangiare la foglia e a fare buon viso a cattivo gioco e, ahimé, tornare a lavorare proprio con chi, i 5 Stelle, avrebbero voluto annientare nelle urne tra poche settimane.

Tanto tuonò che non piovve, insomma. E chi glielo dice adesso al vulcanico ministro delle Politiche Agricole, il pavese Gian Marco Centinaio che solo ieri mattina invocava il "miracolo" di Conte perché altrimenti "c'è solo il voto"? Per non parlare del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, quel Giancarlo Giorgetti che negli ultimi mesi è sembrato più impegnato a seminare zizzania (sognando magari il ritorno ad Arcore) che a lavorare per trovare l'amalgama nel governo. 'Fregato' anche il responsabile del dicastero della Famiglia e delle Disabilità, l'ultra-cattolico tradizionalista Lorenzo Fontana che ha più volte messo in crisi la maggioranza con le sue posizioni pre-conciliari.

A livello parlamentare i quattro capigruppi (Stefano Patuanelli e Francesco D'Uva per i 5 Stelle e Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari per il Carroccio) hanno un ottimo rapporto personale, improntato sulla cordialità che sfocia in una quasi amicizia cementata in questi mesi di collaborazione da cene e aperitivi sia in Parlamento sia in ristoranti e bar della Capitale. Il problema, semmai, ci sarà in alcune Commissioni, così come in diversi ministeri, dove la collaborazione tra M5S e Lega - per utilizzare un eufemismo - è complicata.

Qualche esempio? Sulla Giustizia le relazioni non sono fredde, bensì gelide, tra il Guardasigilli pentastellato Alfonso Bonafede e il sottosegretario leghista Jacopo Morrone, ma anche con il presidente della Commissione Giustizia del Senato Andrea Ostellari (sempre del Carroccio) e con la ministra Giulia Bongiorno (chiamata da Salvini a lavorare alla riforma del sistema giudiziario). Scarsa collaborazione anche al ministero della Difesa tra la grillina Elisabetta Trenta e il sottosegretario salviniano Raffaele Volpi. Per non parlare del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dove Danilo Toninelli si è ritrovato per motivi giudiziari senza rappresentati leghisti dopo le dimissioni di Armando Siri e di Edoardo Rixi. Ora il Carroccio dovrà rimpiazzarli pena l'assenza totale in un dicastero chiave come il Mit.

Frizioni sul tema dell'autonomia regionale ce ne sono state parecchie, soprattutto in campagna elettorale, tra la ministra leghista Erika Stefani e il sottosegretario pentastellato Stefano Buffagni. Così come tra Lorenzo Fontana e il suo vice M5S Vincenzo Zoccano sui temi della famiglia. Non sarà facile neanche per il presidente della Commissione Bilancio della Camera Claudio Borghi, economista salviniano e no-euro (anche se non può più dirlo) che spesso si è scontrato con i deputati pentastellati.

Insomma, per gli eserciti che erano pronti a dichiararsi guerra ora sarà davvero difficile ritrovare la quadra e ricominciare lavorare. Ma dovranno farlo. Punto. Ormai la pax contiana ha vinto. Magari dovranno chiedere a Salvini, che è in attesa di incontrare Papa Francesco, di recitare un rosario per invocare la pace e per trasformare le sciabole in rose.

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