Grasso, Epifani e Vendola come Robespierre
Di Pietro Mancini
Neanche il voto sulla decapitazione di Re Luigi XVI avvenne a scrutinio palese. Dopo le dichiarazioni di voto, si passò a uno "scrutinio di controllo". In Italia, per paura di Grillo e Travaglio, la sinistra si è sradicata dalla sua cultura. Grasso, Zanda, Epifani, Grillo e Vendola più manettari di Robespierre e Saint-Just! I senatori, dunque, si esprimeranno, con il voto palese, sulla decadenza, o meno, da senatore di Silvio Berlusconi, dopo la condanna definitiva dell'ex premier per frode fiscale e in base alla discussa, e tutt'altro che chiara, legge Severino. Nella giunta di Palazzo Madama, presieduta da Stèfano, seguace di Vendola- colpevolista con Berlusconi, ma da ieri indagato a Taranto nell'inchiesta sull'Ilva- si è saldata una convergenza Pd-Grillo-Monti, che produrrà un'ulteriore ferita alla stabilità, auspicata da Napolitano, e al traballante esecutivo, guidato dal debole Letta, delle cosiddette "larghe intese", ormai sempre più esili. Qualcuno, ieri, ha parlato di diritto, che diventa rovescio, quando l'imputato è il Cavaliere. Altri di forzatura antiberlusconiana e di consegna di Silvio al plotone di esecuzione, che lo giustizierà a cielo aperto. Colpisce, ma non sorprende, che lo stravolgimento delle regole sia avvenuto con il consenso di un ex alto magistrato, Pietro Grasso, Presidente del Senato, nominato parlamentare da Bersani. Egli ha avallato la fretta dei settori maggioritari della sinistra di espellere da Palazzo Madama l'odiato e irriducibile avversario.
E nessuno ha raccontato a Epifani, ex socialista demartiniano, capofila del fronte giustizialista, a cui si è accodato Renzi, le memorabili battaglie dei partiti storici della sinistra pro-voto segreto. Determinante, nella giunta presieduta dal vendoliano di Taranto, a favore della decisione di deliberare, in aula, con il voto palese, sulla decadenza da senatore di Berlusconi, si è rivelato il consenso, espresso dalla senatrice di "Lista Civica", Linda Lanzillotta, ex Margherita di Rutelli e "ladron" Lusi, poi Api, quindi ministra Pd, infine, per ora, con Monti. Sulla coppia di "potere e manette" Bassanini-Lanzillotta si dimostrarono molto lungimiranti 2 leader socialisti scomparsi, mai subalterni ai comunisti, Craxi e Mancini. Bettino cacciò dal PSI Franco, che subito postulò e trovò candidature, poltrone e stipendioni nel PDS-Ds-Pd. Prima, tuttavia, un robusto deputato craxiano milanese, Giorgio Gangi, schiaffeggiò Bassanini nel Transatlantico di Montecitorio. E Giacomo disse no a Rutelli, che gli aveva postulato di sostenere, nel collegio di Cosenza, nel 2001, l'elezione a senatrice dell'Ulivo di Linda, che aveva vantato lontane origini calabresi e che era stata assessora nella giunta di Roma, guidata dall'ex pannelliano "Cicciobello".