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Politica
Impedire un altro Colle di sinistra. Cdx, voto locale decisivo perché...

In due anni la geografia politica delle Regioni italiani è cambiata radicalmente. Nel 2017 il Centrosinistra a guida Pd guidava 16 amministrazioni contro le 3 del Centrodestra (in Valle d'Aosta e nella provincia di Bolzano i presidenti sono dei partiti autonomisti e delle minoranze linguistiche). Oggi, dopo il voto in Umbria, siamo 12 a 7 a favore della coalizione Lega, Fratelli d'Italia, Forza Italia. E siamo solo all'inizio, visto che tra poche settimane si voterà in Calabria e in Emilia Romagna, poi in Puglia, in Toscana, nelle Marche e in Campania (in Veneto e in Liguria la conferma del Centrodestra è praticamente scontata, sondaggi alla mano).

Nulla è impossibile, hanno ripetuto in coro Matteo Salvini e Giorgia Meloni dopo il trionfo di domenica scorsa. E infatti perfino le rossissime (una volta) Emilia Romagna e Toscana (terra di Matteo Renzi) sono combattute e potrebbero passare a destra. Tanto che se dovesse cadere la giunta del Lazio a guida Nicola Zingaretti con il ritorno alle urne in primavera, ipoteticamente potrebbe anche esserci il cappotto con tutte le Regioni al Centrodestra. Ma il duo Salvini-Meloni, con Silvio Berlusconi che appare più defilato visti anche i risultati elettorali modesti di Forza Italia, non pensa soltanto alle ripercussioni sull'esecutivo.

Ovviamente il primo obiettivo è la caduta del governo e il ritorno alle elezioni politiche, soprattutto in caso di sconfitta del Partito Democratico in Emilia Romagna. Ma c'è un secondo motivo che spinge Lega e Fratelli d'Italia a puntare tutto sulle elezioni regionali. Come ha più volte spiegato Renzi uno dei motivi principali per cui la maggioranza giallo-rossa deve andare avanti è l'elezione del nuovo presidente della Repubblica nel 2022, appuntamento chiave per evitare un Capo dello Stato sovranista.

Numeri alla mano, con l'attuale Parlamento, Pd, M5S, Italia Viva e Leu hanno i numeri per eleggere l'inquilino del Quirinale ma attenzione perché non tutti ricordano che 58 grandi elettori vengono scelti dai consigli regionali (tre per ogni amministrazione tranne uno per la Valle d'Aosta). Ed ecco che Salvini e Meloni, nel caso in cui il governo dovesse andare avanti (nonostante eventuali nuove batoste alle Regionali), punterebbe alla conquista di quasi tutti i delegati regionali per l'elezione a Camere riunite del presidente della Repubblica e bloccare un candidato del Pd gradito ai 5 Stelle.

La Meloni ha già messo le mani avanti affermando che non candiderebbe Mario Draghi al Colle (ipotesi sostenuta anche dalla Lega) ed è chiaro che la strategia delle regioni legata al Quirinale punta a bloccare ipotesi come Romano Prodi, Dario Franceschini, Walter Veltroni o Giuseppe Conte. Carroccio e Fratelli d'Italia al momento non hanno un candidato da contrapporre alla maggioranza - anche perché sperano sempre nelle elezioni politiche e in una svolta nei numeri in Parlamento - ma l'obiettivo è cercare di rovinare i piani della litigiosa maggioranza contando proprio sui delegati regionali, oltre che ovviamente sui dissidenti e sui ribelli che potrebbero aumentare specialmente nel Movimento 5 Stelle.

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