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Politica
La fine di Renzi non ha insegnato nulla. Salvini Di Maio a rischio saturazione

Che gli esseri umani siano capaci di sbagliare non è una notizia. Ci muoviamo infatti in una foresta inestricabile di cause ed effetti e non sempre riusciamo a prevedere l’effetto delle nostre azioni. Ciò che invece stupisce è il fatto che si siamo capaci di ripetere esattamente gli stessi errori che, qualche tempo prima, abbiamo visto commettere e pagare. Ammesso che Hitler volesse più “spazio vitale” per il Reich, perché non si è accontentato della Polonia? Perché attaccare la Russia, dopo l’infelice esperienza di Napoleone?

Vale anche per la vita quotidiana. Sposare una donna divorziata può essere un affare, ma è difficile che sia un affare sposare una donna che ha già avuto tre mariti. Certo, potrebbe essere stata sfortunata, una volta. Magari due. Ma è più probabile che sia una peste lei, se anche il terzo marito è scappato. Se in un certo posto tutti inciampano, cominciamo a guardare dove mettianmo i piedi.

Abbiamo sotto gli occhi un esempio significativo. Matteo Renzi aveva un bel faccino, un eloquio scorrevole e convincente ed era incontestabilmente simpatico. Quando è comparso sulla scena sembrava il giovane attore cinematografico che, prima che appaia la parola “Fine”, realizzerà l’impossibile. E infatti il giovane è passato da un trionfo all’altro. Ma poi ha cominciato a vedersi troppo spesso in televisione; ha parlato troppo e troppo spesso si è vantato di successi inesistenti. Quando infine ha cominciato ad imperversare giorno e notte in televisione, per venderci la sua riforma costituzionale, è arrivato il momento in cui l’intera nazione l’ha giudicato insopportabile. Così la bella promessa della politica italiana si è trasformata. da “uno che sarà”, a “uno che fu”. Non sarebbe ovvio che tutti prendano buona nota del fenomeno?

Invece la stucchevole figura di Di Maio e il faccione di Salvini compaiono continuamente e troppo a lungo sullo schermo televisivo. Spesso, anche cambiando programma, uno si ritrova lo stesso personaggio nell’altra rete. Se prima era Di Maio, dopo è Salvini. O viceversa, ma senza tregua. Ora addirittura i media ci infliggono le loro storie sentimentali, con annesse foto. Non è ovvio che finiranno col pagarla? Come non pensano che – come avverte un vecchio proverbio - “il troppo è come l’insufficiente”?

Non è che Matteo Renzi sia improvvisamente divenuto un imbecille, il fatto è che, se appena compare sullo schermo, la risposta emotiva mia è: “Oh, no!” E presto potrebbe essere la reazione di tutti.

La saturazione è quasi sempre irreversibile. E se questo è vero per un politico di talento come Salvini, personaggi come Di Maio, Toninelli, Bonafede e soci dovrebbero rendersi conto che, se cade il governo, nel giro di ventiquattr’ore rientreranno nel più definitivo anonimato. All’idea di rivederli, la prevedibile reazione sarà: “Oh, no! Basta!”

Ovviamente tutti costoro potrebbero difendersi dicendo che la colpa è dei giornalisti che li inseguono per filmarli e porgli domande. Ma dovrebbero rendersi conto che quei giovani col microfono in mano non gli fanno un favore. Non li inseguono perché sono importanti, li inseguono perché è il loro mestiere e domani li schiferebbero senza scrupoli, se il filmato non si vendesse.

Al riguardo è indimenticabile un episodio. Enrico Cuccia, forse il più famoso banchiere italiano, non concedeva interviste. Una volta un giornalista d’assalto lo sorprese per la strada e prese a camminargli accanto, ponendogli domande. Cuccia camminava, in assoluto silenzio, ma l’altro non la smetteva. Domande su domande, con l’attesa della risposta. La scena è andata avanti per tutto il percorso e Cuccia, alla fine, non ha nemmeno salutato. “Domandare è lecito, rispondere è cortesia”, dice un proverbio.

Se ci si accorge che si compare troppo spesso in video, bisogna uscire da una porta secondaria. Oppure salutare con la manina e sparire. E invece questo governo sembra volersi scavare la fossa con le sue mani. Presenza smodata. Ricerca costante dell’evento cui associare la propria faccia (alla Pertini a Vermicino, per intenderci). E poi vanterie come se piovesse. Provvedimenti demenziali spacciati per toccasana nel momento stesso in cui la gente legge indici economici catastrofici, previsioni nere, in presenza di uno spread raddoppiato e di una crescita negativa. Uno sforzo diuturno di rendersi antipatici. In questi casi, a meno di avere una faccia bella e simpatica come quella del ministro Alfonso Bonafede, l’epilogo è fatale.

Ma alcuni continuano a credere che il miglior posto per accendersi una sigaretta sia nella penombra di una polveriera.

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