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Politica
Lega, establishment con Giorgetti. Salvini? Costretto a stare con il M5S

L'ossessione vera di Matteo Salvini? Non sono né i 5 Stelle, né Luigi Di Maio, né Giuseppe Conte. A far paura al segretario della Lega sono il suo vice Giancarlo Giorgetti, il Presidente della Repubblica e anche un po' le istituzioni europee e il rapporto con gli Stati Uniti d'America.

Ma facciamo un po' di ordine. Mesi fa Silvio Berlusconi, prima ancora delle tensioni su Armando Siri, la Tav, la droga, l'autonomia regionale etc..., aveva dato il suo ok - in un'intervista al direttore di Affaritaliani.it Angelo Maria Perrino - al leader della Lega, per fare il premier di un governo di Centrodestra (clicca qui per leggere l'articolo). Un'offerta importante e nuova che Salvini, sempre ad Affari, aveva lasciato cadere nel vuoto confermando l'intenzione di andare avanti per altri 4 anni con Luigi Di Maio e Giuseppe Conte (clicca qui per leggere l'articolo). Eppure, nonostante una lieve flessione del Carroccio, al momento il Centrodestra - secondo tutti i sondaggi - avrebbe la maggioranza in Parlamento anche con questa legge elettorale. 

E dunque? In Parlamento, e anche tra i pentastellati che fanno parte dell'esecutivo, è diffusa la convinzione che il vero motivo per cui Salvini non voglia mollare il M5S, malgrado le liti continue, è molto semplice: sa che non sarebbe lui, bensì Giancarlo Giorgetti, a guidare un esecutivo di Centrodestra, sia con il passaggio dalle urne sia in questa legislatura con eventuali transfughi dei 5 Stelle. Fonti di Forza Italia, ad esempio, spiegano come l'attuale ministro dell'Interno, anche se non grida più contro l'Unione nazista europea chiedendo l'uscita dall'euro, come faceva per le Europee del 2014, non ha quello standing politico e istituzionale che viene richiesto a chi si propone di guidare un Paese che fa parte del G7 e che è stato un fondatore dell'Ue.

Non solo, i rapporti stretti con Russia Unita, il partito del presidente Vladimir Putin, rendono Salvini 'unfit' agli occhi della Casa Bianca, nonostante il sostegno del leader leghista al presidente Donald Trump e la posizione anti-Maduro sul Venezuela. "Salvini ha cambiato registro rispetto a due anni fa, ma ancora non è la figura ideale per rassicurare l'establishment nazionale e internazionale", spiega un parlamentare di lungo corso (area Centrodestra).

Il tutto senza dimenticare il fattore Q, ovvero Quirinale. Sergio Mattarella lancia costantemente richiami e appelli alla moderazione su temi sensibili a Salvini, come sicurezza e immigrazione (basti vedere la lettera che ha accompagnato la firma alla legisttima difesa), e quindi - è opinione diffusa in Translantico - il Capo dello Stato non sarebbe particolarmente entusiasta, per utilizzare un eufemismo, di avallare un governo guidato dal segretario del Carroccio. Ben diversa è la situazione di Giorgetti. Non si ricordano dichiarazioni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio contro l'euro e l'Europa, se non critiche generiche, e soprattutto GG, come ricordano anche dal M5S, ha nella sua rubrica telefonica del cellulare il numero del presidente della Bce Mario Draghi, a testimonianza di una serie di contatti con il mondo finanziario e istituzionale europeo, costruiti in tanti anni di politica, dal quale invece Salvini è lontano anni luce.

Senza dimenticare le ottime relazioni con il Vaticano e in particolare con diverse figure di spicco della gerarchia ecclesiastica (e infatti Giorgetti non ha mai utilizzato toni aspri sull'immigrazione, probabilmente proprio per non mettere in pericolo i rapporti con la Chiesa, viste soprattutto le posizioni di Papa Francesco). Ci sono poi gli Stati Uniti. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che ha fatto parte per anni della delegazione parlamentare italiana alla Nato, ha un ottimo rapporto personale con Lewis M. Eisenberg, ambasciatore statunitense a Roma, e il suo viaggio in America di qualche mese fa testimonia uno stretto legame con l'altra sponda dell'Atlantico che è sempre un biglietto da visita importante per chi vuole trasferirsi a Palazzo Chigi in qualità di presidente del Consiglio.

Salvini - spiegano fonti parlamentari - sa perfettamente tutto ciò e teme una sorta di parricidio politico da parte del suo storico delfino e della sua spalla qualora lasciasse i 5 Stelle e Di Maio. Non solo, una Lega di governo con Giorgetti premier - è il timore dei salviniani-sovranisti-lepenisti - tornerebbe ad essere un movimento regionale e nordista, per la gioia di Luca Zaia, perdendo però quella vocazione nazionale che gli ha consentito di sfondare anche da Roma in giù.

Insomma, alla Buvette, in Transatlantico e nelle chicchierate informali con parlamentari di Centrodestra e dei 5 Stelle sono covinti che sia questo il vero motivo per cui Salvini non voglia aprire la crisi e mollare il duo Di Maio-Conte. "Meglio fare il ministro dell'Interno e il vicepremier che vedersi scavalcato dal proprio vice, non crede?", afferma un deputato azzurro con diverse legislatura alle spalle mentre sorseggia un Campari prima di tornare in Aula.

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