Manovra, Giorgetti ha un "tesoretto" da mezzo miliardo per "sistemare" i punti critici. Anteprima - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 19:16

Manovra, Giorgetti ha un "tesoretto" da mezzo miliardo per "sistemare" i punti critici. Anteprima

Il ministro in Parlamento (come sempre) cauto e prudente. Inside

Di Alberto Maggi

Giorgetti sa tutto e ha previsto tutto. D'altronde la sua scuola è quella di Mario Draghi, infallibile quando si parla di compromessi

"Giancarlo Giorgetti non è uno sprovveduto. Non prende mai le cose alla leggera. Sa bene quello che fa, sempre. Anche se - a detta di tutti - ha un carattere riservato e ha una totale idiosincrasia per i rapporti con la stampa e i media". Così fonti ai massimi livelli di governo spiegano lo stallo sulla Legge di Bilancio con i dossier aperti e da "sistemare" in Parlamento sollevati in particolare da Forza Italia. Si va dalla tassazione aggiuntiva per le imprese fino alla contestatissima norma sulla super-tassazione dei dividendi derivanti per le holding con partecipazioni inferiori al 10% di società controllate.

Una vera e proprio mazzata per il sistema imprenditoriale italiano. Ma il ministero dell'Economia, in pieno accordo con Palazzo Chigi, e quindi sia la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sia il potentissimo sottosegretario di Stato (Fratelli d'Italia) Giovambattista Fazzolari, assicurano fonti qualificate a microfono spento - ha tutti gli elementi e soprattutto le risorse per trovare una soluzione.

Oggi, durante l'attesa audizione in Parlamento, il titolare del Mef ha confermato in pieno il suo stile prudente. Ha ammesso che sui dividendi ci sono problemi, non ha escluso un aumento del contributo delle banche (per far contento Matteo Salvini ma non ci sarà) e ha detto che la rottamazione sarà l'ultima e che non premia gli evasori. Ha detto e non detto, aperto a qualche modifica perché "il Parlamento è sovrano", ma poi ha avvisato in particolare i senatori (soprattutto di Centrodestra), visto che quest'anno l'iter è a Palazzo Madama e la Camera ratificherà soltanto il testo licenziato dal senato, affermando: “Attenti all’impatto delle modifiche”. Come dire, concordiamo prima tutto e nessun emendamento estemporaneo del Centrodestra (Lega inclusa).

Il tema chiave è quello delle società controllanti che ha scatenato anche la durissima protesta di Confindustria in audizione congiunta alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Sterilizzare la norma e riportare l'imposta all'1,2%, come ora, costerebbe 980 milioni di euro, un miliardo che Via XX Settembre fatica a trovare. Ma Giorgetti - sottolineano le fonti - ha già messo da parte un piccolo "tesoretto" di almeno 500 milioni di euro, mezzo miliardo, per affrontare le crisi scaturite dal testo iniziale e non finale della manovra.

"Lo fa sempre, e lo ha fatto anche quest'anno", spiegano fonti di Centrodestra. Da dove arriverebbero questi soldi? Facile, maggiori entrate e/o minori uscite (tenute proprio al coperto in caso di, scontata, emergenza per problemi "politici" sulla manovra)

E così alla fine la maggioranza troverà la famigerata 'quadra' bossiana in qualche modo. Sia sull'aumento dal 21 al 26% della tassazione sugli affitti brevi sia sullo spinoso tema dei dividendi per le holding. Probabilmente non si tornerà alla disciplina attuale, mancano le risorse e restare entro il limite del 3% del rapporto deficit-Pil per chiudere la procedura di infrazione dell'Unione europea è fondamentale per tenere sotto controllo lo spread e calmi i mercati finanziari, ma un compromesso ci sarà certamente. 

D'altronde la stessa Forza Italia ammette che l'ideale sarebbe tornare all'1,2% di tassazione sui dividendi delle holding dicendosi però aperta a soluzioni di compromesso. Che potrebbero portare all'esclusione delle società quotate in Borsa, per evitare scossoni sui mercati, e a un'imposta del 5% invece che del 24 come scritto nel testo della manovra elaborato dal dicastero dell'Economia senza previa condivisione con gli alleati.

In particolare con Forza Italia, molto attenta anche per interessi elettorali alle categorie imprenditoriali e al mondo delle medie-grandi imprese (vedi anche e non solo il colosso Fininvest-Mediaset della famiglia Berlusconi). In sostanza alla fine si troverà un compromesso in Parlamento, al Senato, con un maxi-emendamento della maggioranza condiviso con il Mef. Ma non prima di metà novembre, assicurano fonti della maggioranza. Giorgetti sa tutto e ha previsto tutto, spiegano fonti leghiste. D'altronde la sua scuola è quella di Mario Draghi, infallibile quando si parla di soluzioni, compromessi e vicinanza alle istanze di Bruxelles e dei mercati. Senza dimenticare che il governo Meloni è un esecutivo politico e non tecnico.

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