Palazzi & potere
Brexit: ora rifondare l’Europa
La scelta è stata fatta e gli effetti sono pesanti. In termini economici, politici e sociali. Sta a noi evitare che una sconfitta si trasformi in irreparabile sciagura. La turbolenza finanziaria è scontata. Per l’Italia il problema è reso ancora più serio dall’alto debito pubblico e dall’incidenza dello spread. Si ipotizza una crisi finanziaria più grave di quella americana dei mutui subprime del 2008. C’è da confidare in BCE FED e Banche centrali.
Preoccupa il contagio emotivo, occorrono invece lucidità e sangue freddo. Fin dall’analisi del voto, su cui s’è espresso il 70% dei britannici, con uno scarto minimo tra i due fronti: 52% per leave 48% per remain. Significativa è poi la distribuzione del voto per area e per età: fasce più giovani, Scozia, Nord Irlanda e città maggiori dell’Inghilterra per remain, più anziani e sud dell’Inghilterra per leave.
Che ci attende ora? Il procedimento di phasing out dell’articolo 50 del Trattato UE. Il recesso va notificato al Consiglio europeo e si sceglieranno i tempi per farlo. Poi si aprirà il negoziato sulle modalità di recesso, l’accordo sarà approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio. I trattati cesseranno di vincolare UK dall’entrata in vigore dell'accordo e comunque entro due anni. Ma è possibile una proroga. Dunque tempi non brevi, che possono essere gestiti. La negoziazione dell’accordo deve essere condotta da politici competenti. S’è visto a cosa porta l’improvvisazione. Giustamente Cameron s’è fatto da parte. Verso l’Inghilterra nessuna ritorsione: la ragione del leave è l’affermazione d’indipendenza. Stiamo parlando dell’Inghilterra, con le sue tradizioni e Istituzioni secolari e un’influenza mondiale.
Quanto a noi, basta con le chiacchiere da bar. Giochiamo col nostro futuro. È l’occasione di prevedere una cornice elastica per Paesi che vogliono condividere con l’UE un mercato più ampio senza altri condizionamenti. Per chi vuole continuare nell’UE, è necessario un processo più effettivo d’integrazione, che non va lasciato alla Germania: occorre un gruppo di Stati che rappresentino in modo equilibrato le esigenze della collettività europea. La colpa di questa situazione non è del popolo inglese, ma dell’immagine negativa che Europa e politici europei hanno dato di sé. Tanto stupidamente rigidi quanto inconcludenti sui problemi seri.
Prof. Carlo Malinconico