Palazzi & potere
"Caso Expo insabbiato": Venezia indaga i giudici di Milano e Brescia
Giudici sotto inchiesta, nel palazzo di giustizia che fu il simbolo della legalità: il tribunale di Milano, il tempio di Mani Pulite, roccaforte di magistrati inflessibili con chi bara con i soldi dello Stato, chi trucca gli appalti ed aggira le leggi. Ma la inflessibilità, a quanto pare, vale solo quando a sgarrare sono i comuni mortali. Se a violare le regole è un magistrato, tutto tace. Così per accendere i riflettori sugli inverosimili pasticci avvenuti sotto l'egida di Expo è dovuta muoversi una Procura molto lontana: Venezia, a 270 chilometri di distanza dagli affari e dai silenzi del tribunale milanese, scrive il Giornale. È qui, in riva alla laguna, che è stato aperto il fascicolo di inchiesta che rischia di terremotare la giustizia milanese: e non solo.
Che i quindici milioni di euro stanziati in nome di Expo per ammodernare la giustizia siano stati spesi (e in taluni casi sperperati) senza alcun controllo, saltando gare d'appalto con i pretesti più svariati, il Giornale e il blog Giustiziami lo hanno scritto a più riprese a partire dal 2014. Risultato: silenzio, muro di gomma. Fino a che non si muove l' Anac, l' Autorità anticorruzione, che ordina alla Guardia di finanza di indagare. A maggio scorso la Finanza invia a Raffaele Cantone, capo dell' Anac, un rapporto impressionante: dei 15 milioni stanziati, dieci sono stati spesi violando la legge. E per gli appalti più ricchi i vincitori sono stati individuati a tavolino prima ancora di scrivere il capitolato l' appalto, da un «gruppo di lavoro». Il guaio è che di quel gruppo di lavoro facevano parte tutti i capi degli uffici più delicati del «palazzaccio» milanese: tribunale, procura, corte d' appello, procura generale. Il Comune di Milano, cui il nuovo presidente del tribunale milanese, Roberto Bichi, cerca di rifilare la colpa, replica: nelle riunioni a decidere le spese e a indicare le aziende vincitrici erano i magistrati.